Il Prefetto Procaccini, Vice Capo della Polizia, tra i ricordi della provincia di Latina e l’attività della Polizia

Il Prefetto Giuseppe Procaccini è nato nel 1949 a Napoli, ha conseguito con il massimo dei voti la laurea in Giurisprudenza e successivamente il titolo di avvocato, è coniugato ed ha due figli. Dal 20 Novembre 2001 con Deliberazione del Consiglio dei Ministri è stato nominato Vice Capo della Polizia -Vice Direttore Generale preposto all’attività di Coordinamento e Pianificazione delle Forze di Polizia-. Ho il privilegio di conoscerlo dall’anno 1996, allorquando con Deliberazione sempre del Consiglio dei Ministri fu nominato Prefetto di Latina. Da quella data in poi ho avuto l’onore di incontrarlo in diverse occasioni, per emergenze, esercitazioni, corsi, convegni, cerimonie ed ho sempre apprezzato il modo elegante e cortese con il quale il Signor Prefetto si pone agli interlocutori. Eleganza e cortesia che ricordo ancora, pur essendo trascorsi cinque anni, Giuseppe Procaccini mostrò nel 1997 in occasione di una improvvisa emergenza che coinvolse la Provincia di Latina. A seguito di un eccezionale sbarco di profughi albanesi a Bari, furono infatti inviati a Latina, dalle autorità governative preposte e praticamente a sorpresa, 450 profughi che dovevano trovare accoglienza nel territorio sud pontino; accorsero in massa le Forze dell’Ordine, la Croce Rossa Italiana e uno stuolo di volontari. In un clima di generale agitazione e confusione nella provincia, determinato dall’impreparazione a fronteggiare un evento del genere, il Prefetto Procaccini riuscì a coordinare alla perfezione le varie forze intervenute e a far aprire un campeggio a Fondi, chiuso dall’estate precedente, dove trovarono accoglienza per diversi mesi quei poveri disgraziati. Capii in quella circostanza, l’abilità e la pragmaticità del Prefetto, che dimostrò agli abitanti del sud pontino in quella ed in successive occasioni, di non essere solo un uomo di finissimo intelletto e dalla “penna stilografica” ma anche un esperto e capace uomo d’azione. La permanenza dei profughi risultò alla fine indolore per i fondani che avevano paure e riserve all’inizio dell’ospitalità. Le qualità di Procaccini sono state apprezzate da tutti gli abitanti della provincia se è vero che ancora oggi, a quasi tre anni dalla conclusione del suo mandato, è ricordato dai vertici istituzionali locali quale un gentiluomo di altri tempi e se è vero che il Sindaco di Minturno, con il voto unanime del Consiglio Comunale, gli ha conferito la cittadinanza onoraria, privilegio questo, che spetta solo a chi si rende noto per grandi meriti.

L’esperienza di Prefetto di Latina ha lasciato senz’altro delle tracce importanti nella sua carriera. Cosa ricorda in particolare di quella esperienza?

Un dato positivo ed uno negativo che poi hanno finito per fondersi. Il dato positivo è sicuramente il contato umano, la grande eterogeneità della popolazione della Provincia contrassegnata da livelli di umanità e solidarietà molto particolari. Sono rimasto stupito che in quel periodo sia rimasto sempre supportato dalle forze politiche, sociali e sindacali, indipendentemente dalle collocazioni diverse che ciascuno di loro potevano avere. In altre parole c’è una risorsa straordinaria nell’ambiente della provincia di Latina, e se migliorasse anche un profilo organizzativo e programmatico credo che la grande eterogeneità delle risorse che ha il territorio (industria, turismo, commercio, allevamento), potrebbe fare di Latina una provincia simbolo dello sviluppo secondo i canoni tipici delle migliori tradizioni del nostro Paese sul piano degli ideali. L’aspetto negativo è stato una crisi strisciante che percepii all’arrivo a Latina e che dall’industria ai servizi si era trasferita anche sulla diminuzione di fiducia e nella capacità di uscirne in fretta. Mi accorsi però rapidamente che affrontando separatamente i vari problemi ( quello del latte, quello dell’industria in crisi, quello dei trasporti per le isole, quello relativo al degrado ambientale) e sfruttando lo sforzo unitario e le grandi energie degli uomini di buona volontà del territorio, si riuscivano ad invertire le tendenze negative e contemporaneamente ritenni all’epoca che fosse giusto proporre il tema del “caso Latina” nel suo insieme, a livello nazionale e regionale e debbo dire che queste due azioni hanno finito per riportarmi al discorso positivo da cui sono partito, cioè alla potenzialità straordinaria degli uomini della provincia di Latina. Una ultima notazione della provincia è al tempo stesso un ricordo ma anche un richiamo: i vari comuni e la gente di Latina hanno sempre avuto una particolare predisposizione per gli approfondimenti culturali ma non sempre è riuscita l’operazione di ispirare l’azione nel suo complesso a questo obiettivo fondamentale. Avere a cuore la cultura e coltivare anche l’orgoglio delle proprie radici storiche è quindi per me un obiettivo che va sempre rinnovato e che va perseguito con determinazione ancora maggiore.

A quale zona del territorio è maggiormente legato Prefetto?

Posso dirle caro Fragasso, che la provincia di Latina, la sento come parte del territorio nazionale un po’ più mia di qualsiasi altra. Ancora oggi ogni fatto, ogni persona che mi collega a quell’area mi interessa quasi naturalmente. Ho sempre mantenuto dei legami profondi non solo con gli uomini di quella provincia con i quali mi sento, alcuni dei quali sono ormai amici, ma anche con le altre persone che ricordo con i loro problemi, con le loro speranze, con i loro progetti, con le loro azioni, e questo è un legame che attiene la parte più ideale e del quale sono profondamente orgoglioso, quasi a spiegare il perché io senta particolarmente la provincia di Latina. Quanto ad una differenziazione del territorio nell’ambito della provincia debbo dirle che ho imparato ed apprezzare la diversità delle varie aree e francamente mi riesce difficile esprimere una preferenza. Certamente su qualcuna di esse ho speso più energie e le vicende della vita di solito consolidano maggiormente i legami nelle difficoltà e nelle sofferenze, come capita a dei genitori che sono più sensibili verso uno dei figli, quello più in difficoltà. Forse le vicende che nel periodo bellico avevano portato mia madre fuggiasca con un nipotino di tre anni e con mio nonno malato sulle montagne del sud-pontino, mi hanno indotto ad amare profondamente quei luoghi quasi a ringraziarli di avere aiutato e salvato mia madre. Però ricordo soprattutto della provincia di Latina i volti ed i comportamenti degli uomini, ricordo i Vescovi durante le vertenze di lavoro, ricordo le Forze dell’Ordine e i Vigili del Fuoco, le Forze Armate ed il mondo del volontariato e della Croce Rossa Italiana e tutti i parlamentari, i sindaci, i rappresentanti sindacali che tante volte ho incontrato. Ricordo inoltre le inaugurazioni di tante e significative costruzioni ed opere pubbliche e gli uomini che in quelle circostanze ho incontrato, presenti un po’ dovunque nella provincia, sono quelli ai quali sono maggiormente legato. Sono altresì legato anche a quegli uomini che proprio in quegli anni dettero tanto e ora non ci sono più: dal Presidente Paolelli al Dottor Ortese, dal Sindaco Verde all’Assessore Montano, dall’Onorevole Caldarini all’Onorevole Costa, dal Professore Siciliano al Dottor Gentile, dal Presidente Paolino al Dottor Gioino Arpea e ai tanti altri uomini che ho avuto il piacere di conoscere e il dolore di salutare.

Il Governo ha aperto la strada all’istituzione del “poliziotto di quartiere”: oltre che nella città campione, tale esperimento verrà esteso in altre zone della Penisola?

Il poliziotto di quartiere è già partito in due tranche entrambe per città di dimensioni medie e grandi con uno sforzo organizzativo ed economico consistente. L’obiettivo di fondo di avvicinare sempre più le Forze dell’Ordine al cittadino è il vero principio ispiratore dell’iniziativa, tanto che si conta di allargare tale formula anche ad altre realtà. C’è da dire comunque che il poliziotto di quartiere si inserisce proprio in quella logica che dicevo poc’anzi, in un modo nuovo di concepire l’attività delle Forze di Polizia nell’attività di prevenzione, infatti con il poliziotto ed il carabiniere di quartiere si stanno facendo partire anche altre iniziative che sono in qualche modo complementari, e che vanno dal miglioramento dei sistemi di telecomunicazione al miglioramento tecnologico del controllo del territorio, dal riordino dei presidi a un nuovo modo di gestire gli interventi ed i pattugliamenti nell’ambito provinciale. Tante altre iniziative, alcune delle quali sperimentali, unite all’allargamento progressivo delle formule del poliziotto e del carabiniere di quartiere, consentiranno, si spera, di elevare la percezione di sicurezza. Peraltro non è solo nell’insieme delle misure, (tra le quali significativa quella del poliziotto di quartiere) che fanno riferimento al modo di agire delle Forze di Polizia, che può raggiungersi l’obiettivo della sicurezza partecipata. Occorre infatti anche intervenire con il coinvolgimento degli Enti locali, della Polizia municipale, dell’associazionismo industriale e commerciale, che sul piano economico, organizzativo ed in pieno coordinamento realizzino quell’allargamento della difesa della sicurezza quale bene primario essenziale per lo sviluppo. Sarà bene poi una verifica dopo il completamento delle varie fasi in cui si articola il progetto indispensabile per ogni ipotesi di allargamento. Da ultimo però mi piace richiamare un obiettivo spesso trascurato, quello della educazione ai comportamenti legali che non può prescindere dall’impegno interno al tessuto sociale della famiglia, della scuola e dei luoghi di aggregazione soprattutto dei giovani e per lo sviluppo dei comportamenti legali sono fondamentali per me anche l’autocritica e l’esempio. L’autocritica allorché si sottovaluta l’insieme delle piccole azioni oltre che delle grandi ( si pensi alle violazioni del codice della strada, delle norme edilizie, del rispetto dell’ambiente, degli obblighi fiscali). Dare un segnale di inversione di tendenza è tanto più utile quanto più esso viene interpretato anche come l’esempio, piuttosto che come una sterile affermazione di principio.

A quanto pare si avvicina la possibilità di un conflitto in Iraq. Questa situazione potrebbe alimentare i rischi di rappresaglie terroristiche anche in Italia. Come Vice Capo della Polizia cosa si sente di dire per tranquillizzare gli italiani?

È un tema cui vorrei riservare poco spazio. Innanzi tutto il mio augurio è che non si realizzino le condizioni di guerra e ciò perché il nostro è un Paese che trova nella pace il suo equilibrio migliore e la sua vera forza. So però che non sempre ciò che è giusto è anche reale e posso dirle che pur con gli intuibili rischi che si determinerebbero sul piano mondiale, il nostro sistema ha dimostrato sempre un livello di professionalità e di efficienza elevatissimo, e ciò sia perché fondato su una organizzazione altamente qualificata e motivata di contrasto alla criminalità, sia perché in Italia si sono sempre manifestate le condizioni migliori per un dialogo e quindi per il rispetto delle diverse opinioni che è il fondamento della civiltà e del rispetto della dignità umana. Tale disponibilità ad ascoltare e a capire giocherà negli anni futuri un ruolo importante nel superamento di contrapposizioni che oggi sembrano insuperabili.

Pubblicato su “Forum” in data 03.02.2003

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