Xavier Jacobelli: “giornalista gentiluomo”
In un mondo, quale quello “dell’opinionismo sportivo”in cui in molti, nelle redazioni dei giornali e nelle emittenti televisive nazionali e private, nei bar e sul treno, sul luogo di lavoro e sulla spiaggia, praticamente ovunque, blaterano commenti con foga ed impulsività, trovo sempre più adeguate ed opportune l’eleganza, la classe, l’onestà ed il garbo con le quali il direttore Jacobelli permea ogni suo intervento, sia esso scritto o verbale. Il curriculum di Xavier Jacobelli è di tutto rispetto, egli è stato infatti cronista ed inviato speciale di diversi quotidiani, la Notte, il Corriere dello Sport Stadio e per un brevissimo periodo anche della Gazzetta dello Sport; ha guidato la redazione sportiva del Giornale ed ha brillantemente diretto Tuttosport prima di arrivare alla fine del 2002 a dirigere con la sapienza e la correttezza che tutti gli riconoscono, il Corriere dello Sport. Bergamasco, 43 anni, è coniugato con una collega giornalista e ha 3 figli. Era un mio vecchio sogno nel cassetto quello di intervistare il direttore Jacobelli, che stimo ed apprezzo da oltre dieci anni, ed egli mantenendo fede ad una vecchia promessa, gentilmente mi ha incontrato negli uffici del Corriere dello Sport ed ha risposto con la cortesia che lo contraddistingue alle mie domande.
Direttore, per lei il giornalismo è una vocazione, una passione o solo una professione?
Questo mestiere si fa prima di tutto e soprattutto per passione, io ho iniziato a fare il giornalista quando avevo 19 anni, nell’anno della maturità liceale ed ora ho 43 anni e sono quindi ormai 24 anni che faccio il giornalista. È un mestiere che come ho detto si intraprende per passione, che ti consente di vivere dignitosamente ma non ti arricchisce e che comporta sacrifici sotto il profilo umano e personale, mettendo a dura prova le relazioni interpersonali perché è una professione talmente fuori degli schemi dal punto di vista degli orari e, soprattutto per chi fa il giornalista sportivo, non esistono weekend, perché la maggior parte degli avvenimenti sportivi sono concentrati nel fine settimana. Un giornalista, sia se è in sede sia se è un inviato ed è fuori, lavora normalmente per dodici, tredici ore per il giornale;da quanto le ho sin qui detto si evince chiaramente la particolarità di questo lavoro e si può facilmente capire che non si diventa giornalista per mera scelta personale ma ci deve essere molto di più.
Che consigli si sente di dare ad un giovane che vuole intraprendere questa professione?
Consigli mi sembra eccessivo, parlerei di suggerimenti anche perché non posseggo il dogma dell’infallibilità e le mie sono certamente annotazioni che derivano da una lunga esperienza.Come prima cosa serve una solida base universitaria, poi la conoscenza di almeno due lingue, l’inglese e il francese, con una approfondita conoscenza dell’inglese che è la lingua di Internet, cioè di quella finestra sul mondo aperta 24 ore su 24. Per chi vuole intraprendere questa professione occorrono anche,come ho già detto, una grande passione, una grande voglia di sacrificarsi ed una grande dose di pazienza che consenta di saper aspettare, senza pretendere di volere tutto e subito. Spesso vado nelle scuole, dalle elementari alle superiori, a parlare di questa professione e mi accorgo che esiste e resiste questo stereotipo del grande inviato con la valigia sotto la scrivania, sempre pronto a partire e questo riguarda non solo il giornalista sportivo ma ne stiamo avendo in questi giorni ampia dimostrazione con la guerra e gli inviati di guerra. Non bisogna però dimenticare che questa è la punta dell’iceberg di una professione che invece comporta un lavoro spesso oscuro; un lavoro fatto di capacità di documentarsi, di costruirsi un archivio personale, di cercare di controllare una notizia alla fonte e di non essere travolti o pervasi dalla smania dello scoop ad ogni costo, perché il vero scoop è secondo me quello di fare bene e seriamente il proprio lavoro e poi certamente, quando si ha la fortuna, la bravura e la capacità di avere una notizia che la concorrenza non ha, di dare la notizia per primo, ma questo è ovviamente un altro discorso.
Chi è stato il suo maestro e chi ha intuito per primo le sue grandi doti giornalistiche?
Sono certamente due i giornalisti ai quali sono legato da profondo vincolo di gratitudine. Il primo si chiama Giangabino Sulas, cognome tipicamente sardo anche se è nato a Bergamo. Figlio di un Ufficiale dell’Esercito, Giangabino è stato il primo collega con il quale ho lavorato nella redazione bergamasca della Notte, attualmente è un inviato speciale di Oggi. Avevo 19 anni ed ero completamente imberbe ed assolutamente agli inizi di questo mestiere e lui ha avuto la pazienza e la capacità di insegnarmi a fare il cronista e di insegnarmi come si trovano le notizie, perché nella prima parte della mia attività alla redazione della Notte mi occupavo di sport ma anche di cronaca giudiziaria, cronaca nera e cronaca bianca, facevamo tutto insomma. Questo collega è stato davvero importante per me perché è stato un maestro, nella nostra professione secondo me oggi sono sempre di meno colleghi che hanno il tempo, la voglia e la pazienza di insegnare ai colleghi più giovani come si fa questo mestiere. L’altro giornalista che è stato certamente importante per me è Vittorio Feltri, perché io avevo 19 anni e collaboravo con Video Bergamo che era una neonata emittente bergamasca diretta proprio da Feltri che all’epoca lavorava al Corriere della Sera e arrivava stanco la sera da Milano ed aveva la pazienza di insegnarmi come si scrivono le notizie con il linguaggio giornalistico per la televisione, che sono diverse rispetto ad un articolo di giornale. Ho avuto poi la fortuna di ritrovare Feltri quindici anni dopo, dal 1994 al 1997, quando lui dirigeva Il Giornale e mi chiamò a fare il caporedattore dello Sport ed è stato per me come fare media, liceo, università e master perché nei tre anni trascorsi con lui ho imparato molte cose e non soltanto nel modo di fare il giornalista ma anche di come dirigere una redazione. Ero come detto, il Capo Redattore dello Sport ed è stata un’esperienza che mi è servita anche per i miei successivi incarichi, di Direttore di Tuttosport prima e del Corriere dello Sport oggi. Credo comunque che l’insegnamento più importante che Feltri mi ha dato sia stato quello di ragionare sempre con la propria testa e di non avere paura di andare contro corrente.
Per quale motivo ha lasciato la Direzione di Tuttosport per assumere quella del Corriere dello Sport?
Beh intanto me lo ha chiesto l’Editore…in realtà perché Tuttosport l’ho diretto per quattro anni e mezzo dopo esserci entrato come Capo Redattore Centrale il 1 febbraio 1997 ed essere diventato Vice Direttore nell’agosto dello stesso anno. L’ho diretto dal 23.03.98 al 08.10.2002 ed ho vissuto una grande esperienza umana e professionale. Tuttosport era un giornale che stava chiudendo e se non fosse arrivato il Gruppo Amodei a salvarlo davvero avrebbe chiuso. L’Editore mi propose di dirigere questo giornale e c’è stato uno straordinario lavoro fatto a tutti i livelli, dalla redazione all’amministrazione, dai tipografi alla distribuzione e alla diffusione e questo giornale, che ricordo alla fine del 1997 vendeva circa 87.000 copie, alla fine del settembre 2002 vendeva quasi 150.000 copie. È stata un’esperienza molto importante ma nella vita a mio avviso ci sono cicli che si chiudono e che si aprono e, questa del Corriere dello Sport, è un’altra sfida molto importante, perché con tutto rispetto per Tuttosport, stiamo parlando del Corriere dello Sport Stadio, che è il quarto giornale italiano per vendite ed il quinto per numero di lettori, quindi è un giornale che mediamente ogni giorno vende 290.000 copie e che ha quasi un milione e mezzo di lettori, un giornale molto complesso e difficile insomma nella sua realizzazione. È un giornale che si è lasciato alle spalle un periodo di flessione delle vendite ed il mio compito è quello di rilanciarlo e di riportarlo ai livelli che gli competono. Sono convinto che ce la faremo, ho la grande fortuna di avere una eccellente redazione e secondo me la figura del Direttore dal punto di vista della metafora calcistica si sposa perfettamente con quella dell’allenatore in una squadra di calcio, laddove se un allenatore non ha dei buoni calciatori può essere bravissimo ma non vince. Io ho la fortuna di avere degli ottimi calciatori e sono convinto che faremo degli ottimi risultati, almeno è l’obiettivo, poi alla fine sono sempre i lettori in edicola che decidono se il lavoro è stato buono oppure no.
Come è stato l’ambientamento a Roma e che rapporto ha con i tifosi di Roma e Lazio?
È difficilissimo non trovarsi bene a Roma, io ho lavorato per dodici anni a Milano e per sei a Torino, a Roma c’ero già stato ovviamente per motivi professionali ma non ci avevo mai vissuto. Ci vivo a tempo pieno da sei mesi, la mia è stata una scelta di vita radicale tanto è vero che la mia famiglia mi ha seguito perché sarebbe stato impensabile fare il pendolare con Milano. La città è straordinaria, mi piace moltissimo il contatto umano, mi piace il rapporto con la gente, mi trovo molto bene. Per quanto attiene il rapporto con i tifosi, sul versante Lazio c’è la strada del recupero perché in passato il Corriere era stato dagli stessi abbandonato perché colpevole secondo loro di privilegiare la Roma sulla piazza romana. Ora abbiamo recuperato seguendo la strategia dell’equilibrio e dando la stessa attenzione a Lazio e Roma anche se è evidente che la Roma dal punto di vista numerico abbia più tifosi rispetto alla Lazio ma questo non vuol dire che noi dobbiamo snobbare una società che ha 103 anni di storia, che rappresenta una delle più antiche e grandi polisportive italiane e che negli ultimi anni ha vinto un campionato, sei coppe tra nazionali ed internazionali e che adesso è la quarta in classifica. Per quanto riguarda i tifosi della Roma anche qui c’è il problema di ricostruire i rapporti perché per tutta una serie di episodi legati al passato c’era stato un progressivo allontanamento dei tifosi della Roma dal Corriere con una campagna di boicottaggio alimentata da alcune radio romane. Arrivando da Tuttosport mi sono presentato su questa piazza, secondo alcuni,come il Direttore juventino che veniva a dirigere il Corriere dello Sport Stadio, peccato però che io sia da sempre tifoso dell’Atalanta e come tutti sanno la squadra del cuore non si cambia mai (sono stato come cronista e come tifoso anche in serie C con l’Atalanta, cementando ulteriormente il mio rapporto di fede calcistica). Se uno dirige Tuttosport ha come riferimento Juve e Toro, se dirige il Corriere dello Sport ha come riferimento a Roma la Roma e la Lazio e nel resto d’Italia la Juve, il Milan e l’Inter, per non parlare poi di tutte le altre realtà centro meridionali per le quali siamo una bandiera: Avellino, Napoli, Bari, Lecce, Cagliari, Palermo, Catania, Messina…Credo che all’inizio fosse lecito per una parte della tifoseria romanista voler vedere che tipo di giornale avremmo fatto e noi abbiamo aperto il Corriere ai tifosi, tutti i giorni abbiamo un filo diretto con loro, abbiamo il muro della Roma e il muro della Lazio, diamo molto spazio alle loro opinioni anche con sondaggi e con tutte le iniziative che possono coinvolgerli perché, può sembrare banale, ma un giornale deve essere fatto per i lettori, cosa che non sempre accade. Sono assolutamente convinto che recupereremo anche quei lettori che negli ultimi anni avevano abbandonato il Corriere dello Sport, anche perché hanno trovato nei mezzi di comunicazione quali le radio, che parlano di calcio per 24 ore al giorno e che a Roma sono un fenomeno assolutamente unico e che non ha eguali in Italia, un fenomeno oserei dire spagnolo, un mezzo di comunicazione validissimo. Non possiamo permetterci il lusso né di ignorarle né di snobbarle, tuttavia credo che questo giornale continuerà ad essere un punto di riferimento insostituibile per chi a Roma e nel Lazio vive di calcio. Abbiamo varato adesso la riforma delle pagine di Roma e laziali, dando più spazio alla serie C e alla serie D e a tutti gli altri sport dove sono impegnati compagini romane e laziali e i risultati devo dire sono molto importanti.
Chi sono per lei i migliori giornalisti sportivi italiani?
I miei.
Mi faccia i nomi.
Non glieli faccio,come dicono gli allenatori non si parla mai dei singoli.
Qual è stato il suo più grande scoop e il suo più clamoroso flop?
Quando divenni Direttore di Tuttosport, il 23 Marzo del 1998 uscimmo con Mircovic alla Juventus e ci prendemmo in pieno, fu beneaugurante come inizio. Scrivemmo anche che Vieri sarebbe andato all’Atletico Madrid, Moggi telefonò al mattino per smentire tutto ma anche in quel caso la nostra notizia fu vera ed il giorno successivo Vieri firmò per l’Atletico. Flop, beh non parlerei di flop ma di campagna che mi sono ritrovato da solo a condurre per cacciare Trapattoni dalla Nazionale, però sono sicuro che Dio esiste, non bisogna mai perdere la speranza perché secondo me dopo il disastro che ha combinato in Corea ed in Giappone, per un minimo di dignità sia lui sia Carraro dovevano andarsene ed invece si sono attaccati con la colla alla poltrona. Ripeto però che finché c’è vita c’è speranza,io non ho nulla contro Trapattoni anzi, è stato un grande allenatore di club ma in Nazionale ha clamorosamente fallito nell’occasione più importante che si era presentata, dunque bisognava cambiarlo. Non hanno voluto ed allora io tempo purtroppo, con enorme dispiacere, che nonostante la vittoria sulla Finlandia abbiamo pochi margini di qualificazione al campionato europeo, però mi auguro ovviamente di sbagliarmi perché la Nazionale per noi è fondamentale. Sono amareggiato perché in un mondo del calcio dove tutti hanno ripudiato il difensivismo, noi che dovevamo essere l’espressione del campionato più bello ed importante del mondo, nonostante il maggior numero di attaccanti disponibili abbiamo mandato in campo per soli 89 minuti in tutto il mondiale Del Piero, abbiamo lasciato da solo Vieri ed abbiamo fatto giocare Totti mediano. Incredibile!
Chi vorrebbe al posto del Trap?
Guardi Fragasso, se in questo momento potessi cambiare tecnico chiamerei subito Dino Zoff perché ci portasse agli Europei, se invece dovessi impostare un lavoro a più lungo termine, cioè pensare ai prossimi mondiali in Germania del 2006, sceglierei Marcello Lippi.
È amico di qualche giocatore, allenatore o Presidente in particolare?
Sono sempre stato molto attento a non sconfinare mai dal rapporto professionale ad un rapporto amicale perché poi proprio dal punto di vista professionale il rapporto si complica inevitabilmente e se si diventa troppo amico di Tizio o di Caio si finisce per raccontare in un modo diverso le cose. Quando facevo comunque il cronista per il Corriere dello Sport Stadio e seguivo l’epopea del Milan “berlusconiano”, sono diventato buon amico di Baresi, Tassotti, Filippo Galli e Van Basten, con i quali ho condiviso trasferte ai quattro angoli del mondo, sia con il Milan sia con la Nazionale. Ho poi tuttora un cordiale rapporto con Arrigo Sacchi, anche se ci hanno diviso furibonde polemiche giornalistiche quando era Commissario Tecnico della Nazionale. Per quanto riguarda i Presidenti ho un ottimo rapporto con Ivan Ruggieri, attualmente Presidente dell’Atalanta e che venti anni fa quando ho iniziato a fare questo mestiere era Vice Presidente con Achille Bortolotti e con il figlio Cesare. Ecco, con Cesare avevo un rapporto davvero speciale, purtroppo lui morì la notte della prima partita dei Mondiali di Italia ’90 (Argentina – Camerun) ed io ero inviato a Palermo dove seguivo altre Nazionali. Quello fu per me un momento veramente brutto. Per rimanere sempre in tema di buoni rapporti, non a livello amicale ma senz’altro a livello di frequentazione quotidiana, allacciai un rapporto molto stretto con il Presidente Berlusconi, perché quello era un Presidente talmente vicino alla squadra al punto di scegliere il colore della divisa da riposo dei giocatori e di andare anche due volte al giorno a Milanello a vedere gli allenamenti.Un momento davvero irripetibile quel settennato perché dal 1987 al 1994 io così come i miei colleghi di altri giornali che seguivamo il Milan, stabilimmo quel tipo di rapporto.
Lei ha conosciuto l’Avvocato Agnelli, a tre mesi dalla sua scomparsa, che ricordo ha di lui?
Un ricordo nitidissimo, di quando ricevette me, da poco Direttore di Tuttosport e l’Amministratore Delegato Franco Fontana, che ora è il Vice Direttore Generale del Corriere dello Sport Stadio. Andammo alle nove del mattino nel suo ufficio al Lingotto, mi presentai e si lanciò in uno sperticato elogio della stampa sportiva, dicendo che i giornali sportivi sono fatti benissimo ma proprio per questo motivo non li poteva leggere perché non aveva due o tre ore al giorno a disposizione per la lettura. Il pomeriggio fui contattato dalla segretaria che mi chiese, per conto “dell’Avvocato”, una fotografia che gli scattammo in occasione del consueto debutto stagionale della Juventus a Villar Perosa. Gliela mandammo e lui mi mandò un bigliettino dicendomi che era vero che non leggeva i giornali ma gli piaceva vedere le foto. Una persona eccezionale, grandissimo tifoso della Juventus e grandissimo intenditore di calcio, mi ricordo che passammo quasi tre ore a parlare delle varie Juventus di Platini, Vialli, Ravanelli, Baggio; era un grande appassionato di calcio. Tra l’altro devo dire che nei miei quattro anni e mezzo di Direzione di Tuttosport mai una volta c’è stato un intervento, scritto o telefonico, presso di me o presso altri colleghi per qualcosa scritto sulla Juventus che lui non avesse gradito e questo, devo dire, l’ho apprezzato molto.
Direttore, per il prossimo 5 luglio ho organizzato con il patrocinio del Comune, a Scauri di Minturno, una partita di calcio che vedrà scendere in campo giocatori di serie A e B in attività ed ex campioni, che sono nati nel sud pontino e che hanno giocato o allenato nelle squadre locali. Interverranno e daranno lustro all’evento anche personaggi politici residenti nella zona. Possiamo contare sulla sua presenza?
È una bella iniziativa che il Corriere dello Sport seguirà con la giusta attenzione, quanto alla mia presenza non posso sin d’ora dare una risposta ma se potrò verrò con piacere. Continuiamo a tenerci in contatto per mettere a punto sotto ogni dettaglio l’avvenimento.
La ringrazio, a presto.
Grazie a lei ed un saluto a tutti i lettori di Forum.
Pubblicato su “Forum” in data 17.04.2003