Arrigoni, a Cagliari con il cuore in Ciociaria
In una Cagliari improvvisamente fredda e piovosa ho incontrato l’allenatore rivelazione della serie A, Daniele Arrigoni, già mister del Frosinone, che ha condotto brillantemente in serie C1 la stagione scorsa. Tranquillo e molto disponibile, il mister è una persona molto misurata e pacata nei giudizi ma soprattutto cordiale e serena, che parla di calcio da vero innamorato e che gli si illuminano gli occhi quando parla di De Falco, ex bomber della Triestina, del mio amico Alex Brunner, suo ex compagno di squadra e di Faccenda ex viola e rosanero. Mister Arrigoni è un uomo che sa di vivere in un Mondo dorato ma che non ha perso per questo il senso della misura e del rispetto, un uomo che crede fortemente nel lavoro e nel “sudore” quale unica via che porta al successo. Così il buon Daniele non è il tipo che cade nelle polemiche per il rigore dato o non dato o per i venti centimetri di fuorigioco ma preferisce piuttosto parlare di schemi, tattica ed … olio canforato; sicuro che sono queste le cose che fanno parte del calcio che intende lui, quello cioè di un pallone che corre e rimbalza su un prato verde e che appassiona ancora, nonostante tutto, milioni di persone in tutto il Mondo. Così, tra un pensiero commosso per Frosinone, una città che gli è rimasta nel cuore e nella quale corre sovente per ritrovarsi con gli amici di un’avventura che definisce unica ed emozionante, ed un caffè, per la verità un po’ troppo caldo, Arrigoni ha parlato di calcio e sociale finendo per “sbottonarsi” del tutto di quella riservatezza tipica del suo carattere ed abbandonandosi a confidenze e barzellette, passando naturalmente dal “lei” al “tu”, a tutto vantaggio dell’intervista che è stata conseguentemente più libera da schemi ed etichette. Davvero una persona speciale questo Arrigoni, che presto, molto presto, sono sicuro vedremo in qualche panchina di livello superiore.
Allora mister, a che età Ti sei innamorato del calcio?
Come tutti i bambini presto, a sette, otto anni giocavo già con la squadra del mio paese.Quello è stato il periodo in cui mi sono innamorato del pallone.
E quando hai deciso di fare l’allenatore?
Fino a trentacinque, trentasei anni proprio non ci avevo pensato perché ancora giocavo nell’interregionale e mi divertivo. Tutto andava alla perfezione, mi divertivo, giocavo da centrale nel Castel San Pietro vicino Bologna, d’altra parte a quella età solo in quel ruolo si può ancora giocare a certi livelli ma la società non era contenta dell’allenatore e ricordo perfettamente che una domenica perdemmo per due a zero a Faenza. Il Lunedì il grande De Falco, che era il direttore sportivo e che era stato mio compagno, mi chiese se volevo assumere la guida della squadra ed io sulle prime risposi subito di no. Lui insistette a lungo ed io gli dissi che ci avrei pensato. Il giorno successivo gli dissi che volevo presentarmi negli spogliatoi e verificare la reazione dei miei compagni di squadra prima di accettare ed ufficializzare la notizia. Andò bene…ed oggi sono qui a rispondere alle tue domande come allenatore di una squadra di serie A. Una bella favola!
Da leader in campo a mister insomma.
In effetti negli ultimi anni della mia carriera sono sempre stato il capitano delle squadre in cui giocavo, il passaggio è stato abbastanza naturale come hai visto.
Preferisci una squadra che non pratica un bel calcio ed ottiene i tre punti o una squadra che gioca bene e perde?
Nel calcio di oggi, come forse anche in quello di ieri, si privilegia sempre il risultato perché sono i punti quelli che a fine anno contano ma io credo che si possa anche giocare bene ed ottenere risultati utili, questa perlomeno è la mia ambizione.
Hai allenato Palermo e Messina in Sicilia ed ora sei in Sardegna con il Cagliari. Similitudini e differenze tra queste tifoserie?
Ogni squadra dove giochi o alleni ti rimane nel cuore per un motivo o per un altro, si tratta, sia per i siciliani che per i sardi, di tifosi passionali e molto vicini alla squadra ma se proprio devo essere sincero preferisco la cortesia dei sardi che seguono con passione la squadra ma che ti fermano per strada per la foto e l’autografo e poi ti lasciano libero senza “bloccarti” più a lungo. Un modo di fare, quello dei tifosi del Cagliari più vicino al mio carattere e alla mia mentalità.
E i ciociari che tifosi sono?
Appassionati, vicini alla squadra ma un po’ delusi per quanto hanno subìto negli anni. Si esaltano se le cose vanno bene e si deprimono se vanno male, non hanno una via di mezzo. Il messaggio che gli mando è quello di continuare ad essere vicini alla squadra che merita il loro appoggio e di stare tranquilli perché hanno una società seria e competente, da serie A. Forza ragazzi che vi toglierete altre grandi soddisfazioni, forza Frosinone.
Come sta andando per te il Cagliari e cosa rappresenta per la tua squadra Zola?
Direi molto bene e al di là delle più rosee previsioni. Sta giocando un buon calcio e i risultati sono positivi, ma questo è un campionato un po’ particolare in cui i veri valori non sono ancora usciti fuori, basta vedere le difficoltà di Inter, Roma e Sampdoria per rendersene conto. Quanto a Zola posso dirti che rappresenta il valore aggiunto, è un grande campione, un’atleta serio e responsabile. È evidente che se avesse quattro o cinque anni di meno avremmo potuto pensare ad altri traguardi diversi dalla salvezza. Comunque dico ai tifosi del Cagliari di continuare a sognare perché da parte nostra ce la mettiamo tutta per fare il meglio che possiamo e perché sognare non costa nulla, hai visto mai che otteniamo più di quello che aspettavamo?
È vero che domani farai saltare la panchina a Mancini?
Io vorrei tanto ma non per una antipatia nei confronti di Mancini, solo perché significherebbe che battiamo l’Inter e continuiamo a far bene. Sono consapevole però che giochiamo contro una grande squadra che se è vero che pareggia sempre è anche vero che non ha ancora mai perso.
Cosa rappresenta per te Frosinone?
È stato il trampolino di lancio, ho rifiutato di andare ad allenare in serie B per allenare il Frosinone ed ho vinto la mia scommessa, siamo riusciti a fare un qualcosa di grandioso e raggiungere la serie C1. A Frosinone ho lavorato benissimo ed ho trovato nel Presidente Stirpe, nel direttore sportivo e in tutto lo staff, degli amici, prima ancora che dei collaboratori. Quando posso torno con mia moglie a Frosinone per rivedere questi amici e mangiare un buon boccone con loro. È stato splendido anche il rapporto che ho avuto con i giocatori, molti dei quali già li conoscevo perché erano già stati alle mie dipendenze. La città è bella, tranquilla e i tifosi sono stati affettuosi con me. Frosinone rimarrà per sempre nel mio cuore.
Calcio e sociale. Molti militari, coetanei dei giocatori che Tu alleni sono in terra straniera in nome della libertà e della democrazia. Cosa pensi del loro servizio?
Penso che sono ragazzi splendidi e motivati e che sono loro che fanno grandi cose e non i calciatori. Loro stanno cercando di riportare alla normalità Paesi che hanno vissuto per decenni sotto dittatura. Gli sono vicino.
Quale delegato allo sport del comune di Minturno l’estate organizzo con il patrocinio del comune e di altri enti, un memorial in ricordo di un Ufficiale della Croce Rossa e di un carabiniere scomparsi prematuramente. Molti campioni aderiscono all’evento, sarà presente anche Arrigoni alla prossima edizione?
Certamente, attività di questo genere trovano sempre il mio consenso. Contaci pure, sarò presente sia a questo evento che a quello benefico che sta organizzando in Sardegna l’Onorevole Cicu. Darò tutto il contributo possibile per questi due momenti di riflessione e di sport.
Per quale squadra tifi, mister?
Per il Cesena, dove ho iniziato a giocare, è quello il risultato che chiedo subito appena torno negli spogliatoi la Domenica. Ho una simpatia per l’Inter perché in Romagna sono tutti juventini e milanisti ed io, per fare un po’ il bastian contrario, ho scelto l’Inter.
Giannichedda, Fava, Brunner, Pecchia, Lotti, Serao, Carnevale, Faccenda, Policano, Nela, Di Carlo e molti altri campioni hanno iniziato la loro carriera calcistica o dirigenziale nelle province di Frosinone e Latina. Terre di campioni, che ne dici?
Sì, li conosco tutti, con Brunner ho giocato insieme ai tempi della Triestina, un bravo ragazzo, Faccenda è stato il mio osservatore quando allenavo il Palermo. È un bacino che ha offerto in passato e continua ad offrire oggi campioni al nostro calcio, sarebbe bello se il tuo auspicio di riunirli e formare una squadra con tutti loro, taluni in campo e taluni in panchina o dietro la scrivania, si realizzasse. Lascia …un posto per me!
Ciao mister ci vediamo tra quindici giorni.
Ciao e salutami Frosinone quando vai a Scauri.
Pubblicato sul “Corriere del Sud Lazio” n. 44 del 2004