Mario Somma: specializzato in promozioni a tutti i livelli
Come si fa a non credere ad un calcio pulito e trasparente quando all’interno vi operano persone dello spessore umano di Mario Somma? Come si fa a non credere che questo meraviglioso sport, che coinvolge in ogni latitudine e longitudine del mondo milioni di persone, non sia altro che uno splendido gioco, quando uno degli interpreti, mister Somma, ha quale massima ambizione quella di riuscire a far cambiare tattica agli avversari che incontrano il suo Empoli, per il tipo di gioco divertente e senza inutili tatticismi che fa praticare alla compagine toscana, che non usa mai barricarsi nella propria area di rigore per strappare un pareggio? A volte ci si sofferma a riflettere sulle nefandezze del calcio e sul doping amministrativo e farmaceutico -cui alcuni ricorrono- cercando poi di gettare fango su tutto l’emisfero “pallonaro” ma si tralascia erroneamente o artatamente la parte buona e ampiamente più consistente di quello stesso emisfero, fatta di uomini e sempre più frequentemente donne, che conducono una vita sportiva esemplare e che arrivano alla vetta solo con la loro forza, il loro impegno e i sacrifici di una vita passata in palestra o sul rettangolo di gioco, ad allenarsi ed a sudare, provando mille volte schemi e diagonali. Mister Somma parte da lontano, dall’olio canforato degli spogliatoi dei campi del sud pontino sino ad arrivare a vincere consecutivamente tre campionati professionistici, quelli, in ordine, di serie D, C e B e approdare in serie A con il suo Empoli, dopo un passaggio estivo al supercorso di Coverciano, “l’università pallonara” per intenderci, dove è stato ammesso alla frequenza per meriti sportivi e dove si è recentemente laureato con 110 e lode. Così, con quella stessa disarmante semplicità e genuinità che abbiamo apprezzato negli anni in cui ha allenato nella provincia di Latina l’abbiamo ritrovato con il sorriso sulle labbra confessarsi al nostro microfono, parlare di pallone e sociale e non tralasciare mai nei suoi ricordi l’amore per tutta la sua famiglia: la moglie Carmen e i figli Manuela e Michele, il fratello Tonino e l’amico Gaetano, che tutte le domeniche, gelo e afa compresi, lo seguono con affetto e trepidazione in tutti gli stadi d’Italia.
Allora mister, raccontaci quando è scoccato l’amore tra te e il calcio.
Da ragazzino, come capita a tutti. Mi piaceva giocare a pallone e ho iniziato nel settore giovanile del Genoa dove sono stato per quattro anni, poi dopo le trafile nelle varie categorie ho giocato per quattordici anni in serie C.
Libero alla Baresi, vero?
Direi di si, facevo l’allenatore in campo, chiamavo il fuorigioco, ero il braccio armato dell’allenatore sul rettangolo di gioco.
La tua più grande soddisfazione da giocatore?
Tante, ma soprattutto quella di aver vinto il campionato di serie C1 con la Salernitana e di aver riportato la squadra in serie B dopo venticinque anni.
Quando hai deciso di fare il mister?
Già quando giocavo avevo come ti ho detto quella inclinazione e il mio sogno era quello di fare l’allenatore e di insegnare calcio; non mi interessava la categoria, per me era uguale fare l’allenatore in serie A come in una scuola calcio, l’importante era stare con i giovani e con un pallone.
Cosa ricordi delle tue esperienze nel sud pontino?
Tutto e tutti, ricordi bellissimi e nitidissimi, dalle esperienze sulle panchine del Cisterna e del Terracina a quella sulla panchina della squadra dell’ordine degli avvocati di Latina, ugualmente stimolante e gratificante.
Doping amministrativo e farmaceutico: ci stanno rovinando il più bel gioco del mondo?
Del primo non so cosa dirti perché non lo conosco e si fa fuori del rettangolo di gioco e dello spogliatoio che sono i miei ambienti mentre dell’altro posso dirti che se anche qualcuno ne fa uso non si può infangare un intero sistema, come quello del calcio, che conta milioni di persone oneste e lontane da queste sostanze proibite.
Sei un mister a zona o a uomo?
Assolutamente a zona.
Il calcio è per te sempre una palestra di vita?
Il calcio, inteso come spogliatoio e rettangolo di gioco è pulitissimo ed è e sempre sarà una palestra di vita perché insegna valori veri quali la competizione, la correttezza, la lealtà e l’agonismo. Se non la pensassi così non porterei tutte le domeniche mio figlio in panchina con me su tutti i campi d’Italia. In qualsiasi sistema che comprenda milioni di persone può esserci la mela marcia ma posso dirti in assoluta onestà che in trenta anni di calcio non ho mai visto giocatori doparsi ne ho mai visto truccare una partita.
E gli scandali sul doping?
Mosche bianche credimi. Da perseguire severamente ma mosche bianche.
Come ti trovi a Empoli e che rapporti hai con la dirigenza, con la squadra e con i tifosi?
Empoli è una città a misura d’uomo dove tutti si conoscono e tutto funziona bene. Ho ottimi rapporti con tutta la società e plaudo i nostri tifosi che sono appassionati e correttissimi e li propongo per uno spot sul mondo degli ultrà per il loro modo allegro, colorato e tranquillo di vivere il calcio.
Cosa prometti ai tifosi dell’Empoli, che hai riportato in serie A?
Due promesse, una a medio e una a lungo termine: la salvezza quest’anno visto che siamo la cenerentola del campionato secondo gli addetti ai lavori e riuscire a far cambiare il modulo abituale alle squadre che giocano contro di noi, significherebbe che generiamo paura.
Dammi uno scoop?
Non si tratta di scoop ma di due giovani che sono stati con me in passato, Benedetto Mangiapane e Giorgio Minieri, che ho portato con noi per la preparazione e che stanno facendo bene. Mi auguro che la società li faccia rimanere.
Sei da sempre nel calcio e con i giovani. Cosa pensi di altri giovani che non corrono appresso ad un pallone ma che in uniforme, rischiando la loro vita, operano, in terre vissute all’ombra della tirannia, in nome della libertà e democrazia.
Li stimo e li apprezzo per i sentimenti che animano il loro comportamento e per il coraggio che mostrano. Si tratta di persone degne della massima considerazione e stima e che andrebbero maggiormente gratificate.
Se dovessi racchiudere la tua carriera nello scatto di una foto, quale immagine salveresti?
Ci vorrebbe un album intero ma se devo sceglierne una opterei per un abbraccio fortissimo, in mezzo al campo, al termine della vittoria del campionato di serie D di qualche anno fa. Tonino ed io sappiamo perché!
Pubblicato sul “Corriere dello Sport Stadio” in data 26.07.2005