Un metro e ottantatré di muscoli e simpatia, un metro e ottantatré di semplicità e bontà. Stiamo parlando di Dino Fava Passaro da Avezzano di Sessa Aurunca, residente a Carano di Sessa, coniugato con la bellissima Ida Ceraldi e padre di Cristian e Miriam. Stiamo parlando di un affermato bomber del calcio italiano che in allenamento, ai tempi del Treviso, faceva nelle partitelle tre o quattro goals nientepopodimeno che al campione d’Europa Leo Bonucci ( “ma aveva dieci anni di meno, bisognerebbe vedere se mi avesse marcato da coetaneo e non da ragazzo delle giovanili” la risposta sincera del bomber) e che aveva come sua riserva, nel suo primo anno ad Udine, nientepopodimeno che il campione del Mondo Vincenzo Iaquinta. Stiamo parlando del centravanti che ha segnato a Peruzzi, Toldo, Dida e Pellizzoli, che ha dribblato Buffon e Marchegiani, Cannavaro e Stam, che ha fatto takle con Maldini e Chiellini, che ha sgomitato con Montero e Materazzi. Stiamo parlando di un ragazzo che conosco da sempre e che ha mantenuto la sua disarmante e straordinaria semplicità che aveva in bermuda al mare anche quando ha calcato con successo i rettangoli verdi della serie A e di prestigiosi campi di calcio d’Europa. Il capello lungo e disordinato ed il sorriso scanzonato e puro è rimasto sempre quello dello scugnizzo che amava trent’anni fa ed ama oggi, passeggiare per i vicoli del suo Paese e mangiare noccioline alla festa Patronale tra la gente e con la gente di Sessa. Profittando di un’amicizia e di una complicità nata ai tempi della lira, ho incontrato ed intervistato Dino nella splendida cornice del Suavis di Spigno Saturnia, un ristorante carinissimo ed amabilissimo, ad un passo da Scauri e Formia ed a due da Gaeta e Suio.
Quando hai capito che saresti diventato un calciatore?
Veramente non l’ho mai capito ahahah ho iniziato da bambino, molto piccolo, con questo mio sogno straordinario di voler giocare a pallone e fin dai tempi della scuola calcio tutti mi dicevano che ero bravino ma che ero molto basso. In terza media ero davvero bassissimo e tutti continuavano a ripetere che era un vero peccato perché intravedevano la stoffa del calciatore ma il fisico mi penalizzava totalmente. Poi che ti devo dire, nel giro di una settimana massimo dieci giorni, intorno ai quattordici anni, improvvisamente sono cresciuto tantissimo al punto di svenire anche un paio di notti, non so cosa accadde fatto è che d’un tratto cambiò la mia vita. Saranno stati i panini alla cioccolata che tutte le notti, alle due, mi andavo a mangiare in cucina ahahah. Questo improvviso e consistente aumento della statura mi ha aiutato davvero tanto perché vuoi o non vuoi per un attaccante o un difensore centrale l’altezza è fondamentale tranne che non si sia Maradona o Messi. Ho iniziato nel settore giovanile del Napoli a fare un po’ più sul serio e poi nelle categorie più importanti ho iniziato a giocare con calciatori più grandi di me ed è in quei contesti che realmente si vede se sei in grado di calcare campi più importanti. La passione per il calcio e l’entusiasmo sono stati i due elementi che mi hanno permesso di riuscire a far bene e di arrivare in serie A ed ottenere risultati più che lusinghieri.
Chi ha creduto di più in Te?
Senza dubbio i miei genitori che hanno fatto di tutto per me e non mi hanno mai fatto saltare un allenamento, mi ricordo che mia mamma si faceva trovare tutti i giorni all’uscita di scuola alle due e venti e mi portava un panino con un succo di frutta e mi accompagnava alla stazione con la sua mitica cinquecento blue. Io prendevo il treno, una metropolitana e la cumana e mi recavo in un sobborgo di Napoli, Marianella, ove era allora ubicato il centro sportivo del Napoli. Mi allenavo duramente e poi facevo il percorso inverso e trovavo fuori la stazione mia madre che dopo aver fatto le cose di casa ritornava a prendermi e mi accoglieva con un altro panino e una bibita. A sera facevo, per quel che potevo, i compiti e poi si cenava tutta la famiglia assieme. Sono stati loro Ercole, lo ripeto, a fare sacrifici e credere in me e mi hanno sostenuto in quegli anni oltre che moralmente anche economicamente. Ancora oggi a volte ne parliamo con commozione e quando vado da loro trovo mio padre, che ha un passato da calciatore anche lui in serie C, sul divano tutto intento a vedere le cassette dei miei goals e ad emozionarsi ancora. Come sai benissimo ancora gioco in campionati dilettantistici ed ogni anno dico che è l’ultimo ma poi mi faccio convincere dai Presidenti, dai compagni e dai tifosi e ne faccio sempre un altro. Ebbene mio padre mi guarda via streaming anche in questi campionati minori e si incazza perché mi critica per una giocata non condivisa da lui o per un tiro che secondo lui avrei dovuto fare un attimo prima o un attimo dopo.
Scatto, forza fisica, colpo di testa ed opportunismo le tue doti migliori che ti hanno fatto un attaccante di pregio capace di far goals a Roma, Inter, Milan e tante alte squadre blasonate.
Ti ringrazio per avermi ricordato queste mie gesta ma e sei testimone di come anche un goals sulla sabbia di Scauri o di Baia mi rendeva da ragazzo felice esattamente come uno a San Siro, all’Olimpico o in Europa perché come sai segnai anche in Coppa Uefa. Per un attaccante vedere la rete che si gonfia è il massimo ed io sono stato molto fortunato perché ho fatto tanti goals ma voglio spezzare una lancia a favore di tanti attaccanti che fanno un altro tipo di gioco e che consiste nel far salire la squadra, nel far “respirare” i propri compagni con il possesso palla, nel fare movimenti che consentono agli esterni di inserirsi. Anche questi attaccanti sono bravi ed utili alla loro squadra ma sono penalizzati perché a fine anno la domanda dei tifosi e, purtroppo, di alcuni addetti ai lavori è sempre la stessa “quanti goals ha fatto x o y?”
Mille gli episodi che caratterizzano la carriera di un calciatore affermato e tra tanti ce ne è sempre qualcuno spiacevole, raccontami la querelle con il Napoli ed i tuoi successivi trionfi.
Avevo 17 anni e venivo da un torneo di Viareggio in cui avevo giocato molto bene e mi ero fatto valere e molti direttori sportivi avevano annotato il mio nome sul loro taccuino. Avevo ancora un anno di contratto con il Napoli e la società partenopea aveva ricevuto tante buone offerte per me tra cui una molto allettante dalla Juve Torrenova Gela, compagine siciliana che militava in serie C. Indubbiamente quel palcoscenico a quell’età era molto gratificante per me ma non me la sentivo per una serie di ragioni di lasciare il mio ambiente familiare e professionale e rifiutai il trasferimento a Gela scontrandomi con il volere del Napoli che mi aveva avvisato che non mi avrebbe fatto giocare per un anno e mi avrebbe tenuto fermo. Conosci bene il mio carattere e quindi sai bene che posta anche in quei termini io non mi sarei spostato di un millimetro dalla mia decisione che a quel tempo era una scelta, ripeto, di vita. Continuai ad allenarmi e ad impegnarmi a Napoli per tutto l’anno ma non mi fecero mai giocare. Pensavo in cuor mio che forse era finito il mio sogno quando improvvisamente una storica società italiana, la Pro Patria (la cui maglia da gioco è stata votata come una delle più belle di tutti i tempi della storia del calcio italiano ndr) si interessò a me e mi ingaggiò. Arrivai lì e restai ammirato dalla storia della società, dai trofei conquistati, dalla passione con la quale i tifosi ci seguivano a Busto Arstizio e benché le difficoltà iniziali, dovute alla lontananza dalla famiglia e alla possibilità di raggiungerla con biglietti aerei messi a disposizione dalla società, solo a Natale e a Pasqua, feci molto bene e realizzai ben quattordici goals in quella stagione. Fui apprezzato da tante società e l’anno successivo finii in C1 con il Varese dove trovai mister Beretta che mi fece giocare poco il primo anno (6 goals ndr) ma molto il secondo anno allorché feci un campionato meraviglioso e realizzai ben 16 goals tra cui due nella finale play off in cui perdemmo tre a due con la Triestina che approdò in serie B e mi ingaggiò il campionato successivo. Un campionato che mi vide protagonista e vicecapocannoniere con 22 reti ed un solo goals in meno di Igor Protti (che a differenza di Fava era anche rigorista ndr). Così, tra un susseguirsi di emozioni e di successi personali mi ritrovai in serie A con l’Udinese per ben due anni e mezzo. Feci benissimo il primo anno realizzando ben dodici goals, di cui alcuni “molto pesanti” in campionato, due goals in Coppa Uefa e due in Coppa Italia ma poi per una serie di circostanze contrattuali legate soprattutto ai premi spettanti per presenze, assist e goals l’Udinese era in difficoltà a tenermi stante il mio primo straordinario anno e trovai quindi, forse sbagliando, la soluzione Treviso, rifiutando altre squadre importanti che erano a me interessate come Atalanta e Genoa.
Perché scegliesti il Treviso?
Scelsi Treviso perché Mister Rossi che avevo avuto come allenatore a Trieste dove feci benissimo qualche anno prima, mi convinse che avrebbe fatto giocare la squadra con lo stesso modulo e quindi le mie caratteristiche sarebbero state esaltate. Purtroppo però il Treviso era stato appena ripescato in serie A e dovette organizzarsi in brevissimo tempo per acquisti e cessioni e pertanto a fronte di una città meravigliosa e di tifosi felici per l’agognata serie A, non corrispondeva un’organizzazione societaria adeguata e quindi il progettò naufragò, purtroppo, rapidamente. Pensa che le prime partite le giocammo addirittura a Padova perché il campo non era omologato per la B!
E poi?
Fui fortunato, andai al Bologna dove trovai Arrigoni come mister e dove vincemmo il campionato. Feci coppia d’attacco con Marazzina, realizzai 5 reti e con il mio gioco permisi di farne tanti al mio compagno. Realizzai il goals decisivo a Mantova alla penultima di campionato e fui accolto al Dall’Ara, nell’ultima di campionato contro il Pisa, dai cori festanti degli ultras. Un ricordo bellissimo ed indelebile! Poi iniziai, dopo tanto peregrinare, ad avvicinarmi a casa e giocai cinque anni con la Salernitana di cui conservo un ricordo bellissimo sia per la bellezza della città, sia per i risultati ottenuti che per il calore dei tifosi.
C’è un goal di tacco che impazza sui social e che realizzasti con la maglietta della Salernitana.
Era il 2009 e lo feci al Modena. Arrivò un cross dalla sinistra ed ero all’altezza del dischetto di rigore, anticipai il mio marcatore e colpii al volo di tacco ed uscì fuori un goals meraviglioso tipo quelli che facevi tu l’estate nelle nostre partitelle ahahah.
Ad Ercole quel che è di…Ercole!
Ahahah!
Il dopo Salerno?
Tante esperienze ancora tra la “D” ed il calcio dilettantistico, non meno difficile, bello ed importante di quello della serie A. Tutte esperienze bellissime e come sai negli ultimi sei anni ho vinto con le squadre con le quali ho giocato cinque campionati e quest’anno ho ottenuto la salvezza alla penultima giornata con l’Afragolese allenata dal tuo amico, il grande mister Nello Di Costanzo.
Nell’ordine, dopo la Salernitana?
Paganese, Terracina, Sessana, Portici, Savoia, Giuliano, Afragolese ed ora Maddalonese dove ho trovato compagni giovani, un mister motivato ed un Presidente intenditore ed ambizioso e possiamo pensare di far bene.
Il calcio era in passato una palestra di vita, un po’ come la vita militare, creava “gruppo”. Oggi mi sembra un po’ diverso, che mi dici?
Hai perfettamente ragione, una volta si era più” gruppo” rispetto ad oggi dove tutti fanno una vita più personale che di “squadra”. Queste cuffiette e questi telefonini hanno tolto la possibilità di parlarsi, confrontarsi, relazionarsi con il compagno di squadra che sembra più un collega ministeriale della stanza vicina che uno che uno che si allena e gioca nello stesso rettangolo verde.
Fammi i nomi, nell’ordine, del portiere, del difensore, del centrocampista, del “genio” e dell’attaccante più forti del periodo in cui hai giocato e con i quali ti sei confrontato in campo.
La mia è stata un’epoca davvero straordinaria di talenti per cui rispondere a questa domanda è davvero difficile. Proverò a non fare danni. Portiere Buffon, difensore Cannavaro, centrocampista Pirlo, “genio” due su tutti, Fragasso e Baggio, attaccante Van Basten.
Ahahah grande, Il compagno di squadra, l’allenatore e il Presidente a cui sei rimasto più affezionato e con i quali ancora ti senti.
Inizio per rispetto dal Presidente che è Amilcare Berti della Triestina e che purtroppo non c’è più. E’ stato per me come un padre, molto affettuoso e presente, una persona a cui ero particolarmente legato. Mister Spalletti e compagni Pazienza, De Santis ed Handanovic, tutte persone care che ancora sento.
Ricordami le benevole cazziate di Spalletti, che un giorno mi disse durante un’intervista che per lui avevi il fiuto del goal di tale Paolo Rossi.
Sì , sì, vero, lo ripeteva anche a me. Durante il mio primo anno ad Udine facevo un mazzo incredibile, gli allenamenti erano duri eppure lui aveva sempre qualcosa da ridire nonostante mi sembrava rispondessi bene in campo a ciò che predicava il mister, Un giorno allora, un po’ sconsolato, gli chiesi perché mi cazziava e lui simpaticamente e con quell’inconfondibile accento toscano rispose candidamente che per lui ero molto bravo e che avrei dovuto preoccuparmi se un giorno non mi avesse più cazziato e stimolato. Sono cresciuto molto e ho fatto bene con mister Spalletti ed ancora oggi ci sentiamo.
In ogni squadra c’è una figura importante, il “vecchietto” che fa gruppo, che prepara la “tazzulella e caffè”. Chi ricordi con affetto tra i tanti che hai avuto?
Ahahah questa è maligna, il nostro amico Sandro D’Acunto ahahah.
Hai parlato del rapporto splendido che hai con i tuoi genitori e conosco il sentimento che ti lega ai tuoi fratelli Ernesto e Luigia, anche loro calciatori. Parla ai lettori di Ida, Cristian e Miriam.
Ho la fortuna di avere un rapporto bellissimo e saldissimo con tutti i miei familiari. Ida? E che ti devo dire che già non sai ovvero che ho sposato una straordinaria ragazza, della quale sono innamorato e che ha lasciato il suo lavoro quando ancora non ero un calciatore affermato per seguirmi in tutta Italia e sostenermi nella mia professione. Una ragazza splendida di doti morali cristalline e con la quale ho avuto Cristian e Miriam, due ragazzi meravigliosi nati rispettivamente ad Udine e Bologna, città nelle quali giocavo in quel periodo, Due ragazzi assennati e con la testa sulle spalle e dei quali vado fierissimo. Sono stato fortunatissimo con Ida, Cristian e Miriam.
Dall’album delle figurine panini la tua foto è passata sui manifesti elettorali. Ti conosco molto bene ma non ci avrei scommesso un solo dollaro.
A dirti la verità neanche io ma poi ho voluto rispondere positivamente alle richieste di un numero sempre più nutrito di paesani, giovani e meno giovani, che mi hanno chiesto di impegnarmi per il mio Paese, Un Paese a cui sai quanto sia da sempre legato e per il quale voglio impegnarmi per permettere ai ragazzini di poter fruire di strutture adeguate per fare sport e non vederli sbattuti per le strade per l’assenza di centri sportivi. Non ho velleità o interessi economici ma ho dato la mia parola e mi sto impegnando con la lista “Azzurra Libera” che sostiene la candidatura a Sindaco di Lorenzo Di Iorio e spero si possa vincere e migliorare un paese straordinario. Il mio Paese!