In una calda giornata di metà ottobre, ho avuto il privilegio di incontrare al Circolo Canottieri di Roma il grandissimo Dino Zoff, friulano doc e uomo mite ma di grande personalità e di essermi intrattenuto con lui dinanzi ad un caffè a parlare di pallone e soldati, di Gaetano Scirea e di Sandro Pertini.

Barcellona, 5 Luglio 1982, ore 19.01, Estadio de Sarria, 90º minuto: l’Italia sta vincendo tre a due contro il Brasile ed è con un piede in semifinale di Coppa del Mondo ma l’avversario è il Brasile, una squadra come al solito formidabile e che continua ad attaccare fino all’ultimo. Azione sulla fascia laterale dei gialloverdi, cross perfetto e stacco perentorio di Oscar, i brasiliani alzano le braccia pregustando il goal e l’accesso alla semifinale all’ultimo minuto  ma  un vecchietto di 40 anni vola e sulla riga della porta blocca il pallone e si alza prontamente mettendo lo stesso sotto un braccio ed agitando la mano per confermare all’arbitro che il pallone non è entrato. L’arbitro, tra la gioia di mezzo stadio e la disperazione dell’altra metà dello stadio fà proseguire il gioco e dopo qualche interminabile secondo decreta la fine della partita. Cinquantacinque milioni, dico 55.000.000, di italiani dal nord al sud passando per le isole avrebbero voluto in quel momento abbracciarti, baciarti, osannarti e portarti in trionfo. Grazie ancora Dino per quella indimenticabile parata. Che ricordi hai di quel momento?

Ricordi nitidi ed emozionanti, ancora oggi  quando incontro compagni ed avversari che giocarono quella partita tutti mi ricordano questa parata con stati d’animo ovviamente diversi e anche i giornalisti me ne parlano sempre. Tu sei uno di loro ma l’hai “poetizzata” quella parata e mi stai facendo rivivere bellissimi momenti con questa descrizione.

La parata più importante della tua carriera?

Beh direi proprio di sì se a distanza di oltre quarant’anni ancora ne parliamo e forse continueremo a farlo per sempre. Era l’ultima azione della partita e se avessimo subìto goal non saremmo stati in grado di farne un altro nei pochissimi secondi che mancavano alla fine della partita e saremmo usciti dal Mondiale. Fu determinante e ci consentì di accedere alla semifinale contro la Polonia per poi arrivare in finale, battere la Germania e diventare campioni del mondo.

Cosa ricordi del momento indimenticabile  in  cui  Nando Martellini gridò per ben tre volte “Campioni del Mondo, campioni del Mondo, campioni del Mondo, siamo tre volte campioni del Mondo”?

Gli abbracci dei compagni, lo sventolìo delle nostre Bandiere, il giro del campo, la coppa alzata al cielo, l’abbraccio del Presidente Pertini e del Re Juan Carlos, il bacio fuori protocollo della Regina, l’accoglienza in Italia dei tifosi, il saluto al Quirinale e la famosa partita a scopone con Pertini, Bearzot e Causio.

Vinsero Bearzot e Causio ma si può sapere, dopo quarant’anni, se sbagliasti tu o sbagliò Pertini?

Ahahaha, si la vinsero loro e qualche tempo più tardi il Presidente ammise sottovoce di aver sbagliato lui ahahah.

Marianese, Udinese, Mantova, Napoli, Juventus e Nazionale, queste le squadre di cui hai difeso le porte.

Marianese la squadra del paese, il primo amore, a sedici anni giocavo e già bene in promozione ed era un bel traguardo a quei tempi, poi l’Udinese con cui esordii e bene in serie A prima di una stagione non felice l’anno successivo in B. Arrivò, poi, il Mantova e da lì inizio l’ascesa e vennero il Napoli e la Juventus con la quale vinsi campionati, coppe, supercoppe e mundialiti.

Il nostro vicino (di tavolo al circolo ndr) mi dice  di chiederti come giudichi il tuo percorso da allenatore della Lazio?

Ottimi ricordi alla Lazio, conquistammo l’accesso alle coppe europee che mancava da tanti anni, poi fui richiamato in panchina anche per sostituire colleghi che erano stati esonerati. L’esperienza fu  molto  positiva,  vincemmo anche la coppa Uefa e giocammo un buon calcio.

Facciamo un gioco, ti dico una formazione della Juve a memoria e tu spendi due parole per ogni giocatore.

Zoff “Serio, pratico, sempre in campo per dieci anni di fila”.

Gentile “Ottimo marcatore, molto determinato”.

Cabrini “Grande giocatore,  un passo in più, sapeva difendere ed attaccava molto”.

Furino “Sapeva stare in campo, grintoso, attaccato alla maglia”.

Brio “Ottimo stopper e gran colpitore di testa”.

Scirea “Straordinario come uomo e completo come calciatore, tecnicamente e tatticamente”.

Causio “Grande fantasia, grande estro, grande classe, il “Barone”.

Tardelli “Aveva un passo da quattrocentista e faceva il campo in lungo e largo”.

Rossi “Faceva sempre le cose giuste nel momento giusto. Grandissimo fiuto del goal”.

Platini “Straordinaria classe, giocava con naturalezza ed aveva una personalità enorme”.

Bettega  “Grande determinazione e grande fisico, attaccatissimo alla squadra sapeva far reparto da solo. Grandissimo colpo di testa sapeva farsi rispettare dagli avversari”.

Bellissimo ed emozionante questo momento. Proseguiamo Dino, qual è l’avversario che ti metteva più in difficoltà e quello verso il quale avevi una sorta di venerazione.

Ho giocato con grandissimi campioni sia come compagni di squadra che come avversari. Diciamo che Pulici e Riva non erano i più facili da incontrare e che Giagnoni era un calciatore che guardavo con particolare stima.

I lettori non sanno per quale squadra tifavi da bambino.

Juventus, i miei amici e tutti quelli nati in quella generazione erano juventini.

Chi sono stati per te i più grandi portieri di tutti i tempi?

II russo Jashin, l’inglese Banks, il tedesco Maier e un italiano di nome Dino.

L’allenatore a cui sei più affezionato?

Tutti mi hanno insegnato e dato qualcosa ma se devo fare un solo nome dico Enzo Bearzot.

Hai appena scritto un libro, cosa hai voluto raccontarci.

E’ la mia biografia, ho voluto riassumere la mia vita e lasciare un ricordo ai nipoti.

Cosa farà da grande Dino Zoff?

Ho sempre creduto e lo credo tuttora che la salute sia il bene più prezioso, penso a vivere serenamente e spero di essere accompagnato sempre dalla salute. Mi diverto a giocare un po’ a golf e a fare qualche nuotatina e mi piace vedere crescere bene mio nipote.

Voglio parlare con te di due categorie di diciottenni diversi. Alcuni di loro guadagnano fior di soldi per tirare due calci ad un pallone e vengono idolatrati da curve intere che li inneggiano e da ragazze che hanno i loro poster nelle loro camere. Altri, stessa età, esportano in nome dell’Italia, valori quali la democrazia, la libertà e la pace in terre lontane e martoriate per decenni dalla tirannia e dalla dittatura e lo fanno per pochi soldi e rischiando quotidianamente la vita. Dimmi la tua.

Ognuno nella vita deve percorrere la strada che gli e più congeniale ed inseguire i propri desideri sperando di raggiungerli. Un calciatore per arrivare a buoni livelli deve fare molti sacrifici, sudare ed impegnarsi, essere un professionista serio. E’ evidente però che chi indossa una divisa deve rispettare regole ferree ed è chiamato sempre più spesso a difendere quei valori che hai richiamato tu e per quanto  mi riguarda  applaudo questo loro spirito e gli enormi sacrifici che fanno per rendere il mondo  migliore e portare la pace.

In ultimo ma non per ultimo, un nome ed un cognome, Gaetano Scirea.

Che ti devo dire, te ne ho già parlato altre volte e sai bene che per me Gaetano era oltre che un grandissimo calciatore un uomo straordinario ed unico. Eravamo sempre insieme anche con le famiglie,  facevamo le vacanze insieme, dormivamo nei ritiri nella stessa stanza. Mi manca e non potrò e non vorrò mai dimenticarlo.

Da giovanissimo facevi l’aiuto meccanico a Cormons e Gorizia, se avessi continuato a mettere la salopet invece che i guanti, quel colpo di testa di Oscar non lo avrebbe parato nessuno. A presto Dino.

Ahahah sì sì forse è vero. Ci vediamo nel solito ristorante. Un saluto a tutti i lettori.

NB  intervista pubblicata a dicembre 2014 sulla rivista mensile “La città del Golfo”, editore

 Armando Caramanica

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