Nato oltre mezzo secolo fa a Sarmato, nel piacentino, Maurizio Biggi è conosciuto e stimato, nel mondo della classe arbitrale del basket italiano, per le sue grandi capacità professionali, la sua competenza, la sua fermezza e la grande passione -per la palla a spicchi- che anche ora che “ha appeso il fischietto al chiodo” continua a calamitare le sue attenzioni. Sguardo sornione, uomo curioso a 360 gradi di ciò che accade nel mondo, molto simpatico, tifosissimo della Juventus, il buon Maurizio è sposato con Luana e padre di Matteo, diciannovenne che difende i pali di una squadra di promozione e di Giulia, carinissima quindicenne amante della pallavolo. Profittando di una pluriennale amicizia e di zuffe su varie chat “pallonare” che ci vedono sempre … dalla stessa parte, ho mantenuto fede ad una promessa datata Reggio Emilia 19 maggio 2021 allorché il Biggi mi disse scherzando “se alziamo la coppa mi fai un’intervista”. E la coppa la alzammo!
A che età ti sei avvicinato al basket e, soprattutto, da bambino praticavi questo sport o praticavi quelli più comuni in età molto giovanili, come il calcio e il nuoto?
Il mio approccio al basket “praticato” è stato del tutto casuale perché se è vero che in provincia di Piacenza, nel paesino dal quale provengo, si praticavano un po’ tutti gli sport è pur vero che io giocavo soprattutto a calcio pur conoscendo, devo dire, le regole della pallacanestro. Un sabato mi trovavo a vedere una partita di basket di ragazzi e non si presentò l’arbitro per cui mi fu chiesto se volessi arbitrare io. La fortuna volle che tra i presenti ci fosse il padre di uno di quei ragazzi che giocavano che era un dirigente della federazione e che rimase favorevolmente impressionato dal mio “primo” ed … imprevisto arbitraggio. Mi chiese al termine della gara se fossi intenzionato a frequentare un corso per arbitri ma io gentilmente declinai pur lasciandogli il telefono di casa come mi aveva richiesto. A quel tempo non c’erano i cellulari quindi l’unica possibilità di contatto era, appunto, il numero di casa. Dopo un mese mi contattarono dalla federazione per informarmi che stava per iniziare un corso per arbitri; avevo smesso in quei giorni di giocare a pallone perché non c’erano tante categorie come oggi e terminati gli “allievi” non c’era possibilità per me di proseguire. Questa fortuita circostanza mi portò ad accettare quasi per gioco e questo giocò è durato trentatré anni.
Il basket è una “palestra di vita” per i giovani?
Avendo ahimè i capelli bianchi ed avendo calcato palestre e palazzetti di tutta Italia per oltre trent’anni, ho una vasta esperienza che mi porta a dirti, amico mio, che negli ultimi anni il rispetto e l’educazione sono venuti progressivamente a mancare fino, in alcuni casi, quelli più estremi, a sparire del tutto. Nel basket giovanile per esempio non si verificavano certe intemperanze, per esempio tra il pubblico, che negli ultimi anni siamo costretti nostro malgrado a registrare. Mi riferisco anche, spesso, ai genitori che sono sugli spalti. Per quattro anni ho fatto il responsabile a livello nazionale degli istruttori del settore giovanile quindi ho toccato tutte le regioni ed ho conosciuto bene tutte le varie dinamiche e devo confermarti che fare l’arbitro oggi è molto più difficile rispetto ad anni passati perché ci sono maggiori rischi quali, per esempio, minacce ed aggressioni, che certamente non incentivano un giovane ad intraprende la carriera di arbitro e da qui deriva un forte abbandono verso questa carriera cui si è aggiunto, ovviamente, anche il covid che non ha certamente agevolato un’eventuale ripresa.
Come ti rapporti con queste forme di corrida o violenza, che dir si voglia, che hai denunciato?
Offendono la mia cultura di uomo e di sportivo e mi rammaricano perché inquinano lo sport ed in particolare uno sport che tradizionalmente non è conosciuto per aspetti violenti. Mi conosci troppo bene Ercole e sai quanto io mi rammarichi per la violenza in qualsiasi settore della vita e quindi ovviamente tanto più nello sport che sembra quasi certificare -ultimamente- come zone franche gli impianti sportivi in cui una multa alla società sana tutto e poi tutto ritorna come prima. Se ti becco per strada e ti insulto tu mi denunci ed andiamo dinanzi un giudice a discutere la questione mentre se volano insulti in uno stadio o in un palazzetto questo non accade, è come se valesse tutto. Questo è assurdo ed è una cosa che culturalmente dovremmo anzi dovremo cambiare.
Nell’ambito delle varie “categorie” e “serie”, come sono divisi i tuoi trentatré anni di arbitraggi?
Ho iniziato naturalmente con le giovanili e poi dopo circa un anno sono passato alla “promozione” che a quei tempi, come del resto anche oggi, era il massimo a livello provinciale quindi sono passato alla serie D e di lì a breve alla serie C1 ovvero al primo campionato nazionale dove sono rimasto per cinque anni, faticando un po’. Fatta a lungo la C ho fatto tre anni di B2, tre di B di eccellenza, tre di Lega 2 e poi tredici anni di serie A. Un percorso lungo ed impegnativo ma importante perché credo che la cosiddetta “gavetta” sia molto formativa e ti consolida e ti aiuta a migliorare, a maturare e a capire tutte le situazioni. Ti forgia insomma e ti permette di arrivare in serie A nel pieno della tua formazione e delle tue capacità. Purtroppo adesso a causa della grave penuria di arbitri e della volontà di “spingere” gli arbitri giovani, si bruciano le tappe e vediamo arbitri che arrivano in serie A2 e serie A secondo me troppo presto e finiscono per pagarne poi loro per primi le conseguenze perché se ti fai una brutta nomea purtroppo poi è difficile che il giudizio cambi.
Tra le tante amicizie e conoscenze in comune abbiamo anche tale Soavi, già arbitro di basket ed oggi militare della Croce Rossa.
Ahahah vero, verissimo. Ale è un bravissimo ragazzo e anche il suo impegno nella Croce Rossa militare lo dimostra e lo ricordo con affetto sia come arbitro capace e puntuale sia come compagno di tanti stage fatti insieme. Soavi è un nome illustre nel mondo del basket nazionale, il papà di Ale è stato un grandissimo arbitro, un attento giudice sportivo ed osservatore degli arbitri pertanto anche io ai miei esordi sono passato la sua lente di ingrandimento.
Anche Bigi però non scherza, tante le partite decisive ed importanti che hai arbitrato.
Trentatré anni ricchi di soddisfazione, non posso certamente lamentarmi. Ogni partita è stata un’emozione ed un impegno. Tra le più importanti che ho arbitrato non posso certamente dimenticare le cinque finali scudetto, due finali di coppa Italia, tante supercoppe e tanti play off, insomma un curriculum gratificante e che mi ha riempito, partendo dal nulla, di tantissime soddisfazioni.
Ti è mai capitato di arbitrare un cestista che stimavi particolarmente e di essere rimasto condizionato nelle tue decisioni sul parquet?
Allora, precisiamo subito che condizionamenti noi arbitri non ne subiamo. Nel senso che potremmo arbitrare anche i nostri genitori e andremmo in campo facendo il nostro lavoro in maniera seria, onesta e professionale. Così sgombriamo il campo da tutte queste storie italiche …dell’amico del cugino, del parente, dal conoscente, dalla bella donna che dovrebbe circuirti. Di quello che abita vicino Milano piuttosto che vicino Venezia e via dicendo. Intrecci e situazioni che a noi arbitri non sfiorano minimamente. A me ne sono successe tante di altra natura perché ti piace lo sport, fai l’arbitro e quindi ti può capitare di incrociare quel campione o quell’allenatore che ammiri in TV. In assoluto quello che mi ha dato tanta soddisfazione è stato Metta World Peace che è stato giocatore dei Los Angeles Lakers e grande protagonista della squadra che vinse il titolo NBA insieme a tale … Kobe Bryant. Venne a giocare a fine carriera a Cantù per un anno e mi trovai ad arbitralo. La sera precedente alla gara rientrando con i miei colleghi dalla cena lo trovai nella hall dell’albergo, su un divano, ed io faccia tosta come sai che sono andai a presentarmi e mi intrattenni a parlare lungamente con lui. Lo trovai una persona umilissima e molto disponibile, mi raccontò degli aneddoti della NBA e passai una serata divertente. Il giorno dopo siamo andati in campo e ho subito fischiato un suo fallo. Questo per dirti che dentro il campo ognuno fa il proprio mestiere, non ci sono amici o nemici.
Quindi anche gli arbitri del calcio sono onesti e la Juve non ruba, diciamolo?
Ahahah beh chiederlo a te e me se ruba è come suicidarsi visto che ne siamo tifosissimi. La Juve non ruba, certo che no, scrivilo!
La partita che hai arbitrato e ti ha lasciato un qualcosa “dentro?
Sono tante, tantissime. Sicuramente la gara 4 di Siena – Milano, la prima finale scudetto che ho arbitrato nel 2013 mi ha emozionato e la ricordo con grandissimo piacere. Ho bellissimi ricordi però anche nei minors di partite arbitrate in serie C, B2 e B di eccellenza. Ho arbitrato derby accesissimi, mi ricordo uno Jesi – Fabriano, un Montecatini – Pistoia, partite che restano nella memoria. Ovviamente le finali scudetto mi hanno fatto pensare “guarda un po’ Maurizio dove sei arrivato!”. Ricordo che la sera precedente alla prima finale scudetto, il mio collega Roberto Chiavi mi disse di godermi ogni istante di quella trasferta, da quando ci siamo trovati la sera prima alla partita fino al rientro in macchina a casa. Ricordo la cena della sera prima che offrii naturalmente io, quale esordiente, secondo tradizione.
Non sei due metri e dieci ma sei comunque ben strutturato fisicamente. Hai mai avuto uno scontro con un giocatore che dal verbale si è trasformato in fisico?
Nel basket fortunatamente le sceneggiate patetiche che si vedono nel calcio non ci sono. Di giocatori che ti vengono attorno e ti accerchiano non ci sono perché siamo moto più rigidi nelle sanzioni quindi sanno bene che per loro non è conveniente. A volte può capitare che durante la partita può esserci un contatto fortuito ma non assolutamente voluto. Rammento per esempio che in una partita a Trento che giocava contro Cantù, il pivot di Cantù, Henry Williams, che era un armadio a quattro ante, inavvertitamente dopo una mia segnalazione, poggio la sua spalla sul mio naso. Conclusi la partita con il setto nasale deviato ed i tamponi. Un’altra volta invece arbitrando Benetton Treviso – Virtus Bologna David Moss facendo un movimento all’indietro non mi vide ed io finii in tribuna stampa, in faccia ai tuoi colleghi. Si tratta però ecco di movimenti del tutto fortuiti.
Ma aggressioni vere e proprie?
Insisti eh! Va beh dai, un’aggressione e mezza. Ho preso in realtà solo una sberla una volta, un “fallo di confusione” un’altra volta in cui a un mio collega toccò un pugno dietro la schiena.
E con gli ultras che rapporti hai avuto?
Sempre un ottimo rapporto tranne con Reggio Emilia che è una tifoseria calda che me la giurò perché durante una gara di play off a loro dire gli feci perdere una partita. Tornai nella stagione regolare dell’anno successivo ed esposero uno striscione gigantesco con scritto “i play off ci hai negato e noi non abbiamo dimenticato, Bigi uomo di…” . Arbitravo con Gigi Lamonica che è stato uno dei più grandi arbitri italiani che mi incoraggiò dicendo che con quello striscione ero ormai entrato nel gota degli arbitri. Tutto sommato grossi problemi non ne ho mai avuti.
La famiglia ha avvertito i sacrifici che hai fatto per arrivare dove sei arrivato? Allenamenti, trasferte, ritiri e stage: il peso della distanza a volte avrà pesato.
Una passione forte la mia che ha comportato sacrifici a tutti i livelli e che onestamente la famiglia non mi ha mai fatto pesare. Tanti anni in giro, tutti i sabati e tutte le domeniche, le gare infrasettimanali, mai pause. Ora che sono a casa mi godo il più possibile la mia famiglia e gli amici.
E poi, a giudicare dall’aspetto, oltre alla famiglia e agli amici ti godi anche il cibo adesso.
Ahahah, infame questa! Ho passato una vita a mangiare petti di pollo, bresaola ed insalate, ora apprezzo anche cibi diversi.
Hai arbitrato squadre straniere?
Ho avuto la fortuna, nel 1998 di andare a fare un torneo a Gerusalemme insieme alla Nazionale “juniores” e ho arbitrato anche alcuni tornei estivi in Lombardia, soprattutto in Valtellina. Venivano tutte le squadre che fanno l’Eurolega, Panathinaikos, Rea Madrid e tante altre.
Arbitri e San Martino: la tua testimonianza.
Ahahah, me l’avevi giurata. Dai, è tutto folklore. Qualche volte dalle tribune mi hanno dato del cornuto ma mi è scivolata addosso. Anche io quando guardo il calcio in TV a volte preso dalla rabbia e dallo stress mi rivolgo così all’arbitro ma è solo un momento di stizza, non esiste, figurati. Mia figlia gioca a pallavolo e quando vado a vedere le sue partite noto che anche gli arbitri del volley si prendono la loro dose di insulti.
Hai ricevuto molti apprezzamenti e riconoscimenti nel corso della tua trentennale carriera ma ad uno sei particolarmente legato, il premio Reverberi-Oscar quale migliore arbitro per la stagione 2018/2019.
Sì, sì, vero, tante le attestazioni di stima ricevute nel corso della mia carriera e questo che hai citato è un premio del quale sono particolarmente orgoglioso. E’ stato istituito nel 1985 in onore e ricordo del grande arbitro reggiano Pietro Reverberi -inserito nella Hall of Fame del basket mondiale come uno dei migliori arbitri di tutti i tempi- ed è riconosciuto in Italia come l’unico evento/premiazione che premia tutte le categorie operanti nel mondo della palla a spicchi. Un vernissage importante cui prende parte il gota del basket nazionale ed essere stato riconosciuto per il 2018/2019 miglior arbitro italiano è una cosa di cui vado fiero.
Svesto i panni da giornalista e metto quelli da tifoso: Scauri Basket. La B di Basket, quando si parla di Scauri, è maiuscola!
Mi riporti indietro di oltre venti anni, arbitrai due volte lo Scauri e ricordo un tifo caldissimo ed appassionato. Una squadra difficile da affrontare per gli avversari sia per il grande valore dei suoi giocatori sia per quel quid in più che da sempre i tifosi gli danno. Quando mi hai regalato il libro del tuo amico giornalista Lepone l’ho letto con piacere ed ho visto alcune partite e alcune date lì scritte e mi son ricordato che io in quegli anni arbitravo proprio quei campionati.
Bigi tifosissimo della Juve. Allora è vero che gli arbitri sono juventini?
Fragasso tifosissimo della Juve, allora è vero che i giornalisti sono juventini, ahahah. Gli arbitri sono uomini di regole e le regole sono sacre, allora parliamo di un processo che la Juve ha subìto e che non ha prodotto nessuna condanna verso nessun arbitro. Di cosa stiamo parlando? Fuffa!
Abbiamo parlato del tuo rapporto con i giocatori e con gli ultras. Che rapporti hai avuto con la stampa?
Non ho mai avuto problemi con i media tranne in una occasione in cui la Gazzetta dello Sport mi diede un “4” ritenendo che avessi commesso un gravissimo e decisivo errore all’ultimo secondo di una partita e fu poi clamorosamente smentita da un comunicato tecnico che evidenziò come fu viceversa esatta ed inappuntabile la mia valutazione. Direi che ho avuto sempre un rapporto sereno ed ottimo con la stampa e speciale con due giornalisti, Ercole Fragasso e Pep Malaguti ahahaha.