Metti insieme il Radiocronista più bravo e più amato dagli italiani, un illustre Magistrato della Suprema Corte e un Colonnello “istrione” ed esce fuori una serata meravigliosa iniziata con supplì e terminata con whisky scozzese e toscani aromatizzati alla grappa. Ore passate a parlare di Pallone con la “P” maiuscola e non di calcio con la “c” minuscola, di giustizia, di musica, di letterati inglesi e italiani, di Maradona, Totti, Gattuso e Gaetano Scirea; di plusvalenze, di idiomi calabresi e di un bar-tabaccheria-ristorante di Corsico che entrambi conosciamo. E, ancora, di colleghi, di amici in comune, di Ministri di ieri e di oggi, dei miei cugini Antonio e Gianluca, di uno spettacolo che a breve il buon Francesco porterà in scena a Frosinone, Roma e Milano e di amori milanesi che “sembravano amori ma erano … calessi”. Purtroppo! Quattro ore bellissime che sono solo il primo tempo della nostra amicizia, iniziata con una “call” che Francesco mi ha fatto  in una serata memorabile per gli juventini, quella del goal di Higuain all’ultimo giro di orologio a San Siro il 28 aprile del 2018 e proseguita con incontri più o meno fortuiti in diverse stazioni ferroviarie e con colazioni consumate in un noto hotel milanese. Di formazione liceale, nato a Cosenza, sposato e padre di due ragazze, tifosissimo della Roma e simpatizzante del Frosinone e del Boca Juniors,  “cristiano-sociale”, Francesco è di una cultura eccezionale, poliedrica e profonda e di una simpatia coinvolgente.

Da regazzino, come si dice a Roma,  giocavi a tennis, a bocce, leggevi fumetti o giocavi a pallone?

Pallone, tutta la vita pallone per strada, sulla pozzolana. In Calabria, a Roma in Lombardia dappertutto, sempre a pallone.

In che ruolo?

Mezzala.

Alla D’Amico, alla Beccalossi o alla … Fragasso?

Ahahah, mezzo sinistro, mezzo sinistro. Diciamo che ero un presuntuoso quindi  uno di quelli che pretendevano che gli altri corressero per me perché pensavo di essere il più bravo tecnicamente ovviamente.

Quando hai capito che quel calcio che tu giocavi da bambino e da ragazzo e che era la tua passione sarebbe potuto diventare il tuo lavoro e il tuo “compagno” per tutta la vita?

Penso di averlo sempre saputo o forse sempre sperato. 

Alcuni giornalisti, secondo me errando, non dichiarano la loro fede sportiva mentre tu, secondo me giustamente, lo hai sempre fatto.

Perché non dirlo? La trasparenza paga sempre. Ci sono tante squadre e tanti legami che nascono per questo o per quel motivo e ci sono tifosi di tutte le squadre e poi, come diceva Agostino (Di Bartolomei ndr) ci sono i tifosi della … AS Roma!

Come hai iniziato la tua attività giornalistica?

Facendo la corte a una signora di più di settant’anni quando io ne avevo appena diciassette, perché una radio privata calabrese di Cosenza mi propose di fare le radiocronache e non potendo, essendo minorenne, avere l’accredito in sala stampa per fare la radiocronaca chiesi a questa signora che aveva il balcone sullo stadio Marco Lorenzon se potevo arrivare con la presa del telefono e attaccarmi lì, farmi chiamare e fare la radiocronaca. Una corte spietata per non so quanti mesi, ora questa signora non c’è più ma la ricordo con grande affetto perché una domenica sì e una domenica no io andavo da lei ed usufruivo del suo telefono e mi gustavo anche la pasta ripiena che mangiavo con lei. La prima partita che feci fu Rende Paganese, ricordi indelebili. 

Vabbeh, ma il nome di questa signora a cui tutti diciamo grazie per averti dato la possibilità di lavorare e quindi di far nascere la voce più bella del pallone?

 Giulia, la cara signora Giulia (gli occhi di Francesco diventano lucidi testimoniando la grandezza dell’uomo prima ancora che del giornalista -ndr-). La ricorderò per sempre con grande affetto perché capì la mia passione e le mie esigenze e mi ospitava nella sua casa facendomi usare il suo telefono, peraltro in duplex e mi preparava la pasta che piaceva a me.

Altri momenti salienti prima di arrivare in Rai e che vuoi ricordare?

Potrei dirti che tutto nasce da un battibecco con Clemente Mastella sull’aborto allorché io contestai certe sue posizioni, ero un ragazzo e lui già un affermato politico. Dieci giorni dopo squilla il telefono di casa mia e si presentano come l’ufficio stampa di De Mita fissandomi un appuntamento. Io rispondo in modo divertito e scocciato immaginando che si trattasse di uno scherzo e prima di attaccare dico  sì, sì e io sono Batman e chiudo. In realtà Riccardo Misasi, cosentino doc, era a quel tempo il capo segreteria di De Mita e in famiglia, senza che io ne sapessi nulla, gli dissero una parola per me. Tanta gavetta come tutti i giovani, tanti giri e arrivo alla “Discussione” settimanale della DC nel luglio del 1989. Erano gli anni dei ribaltoni e delle correnti interne, di De Mita, Forlani, Martinazzoli, Andreatta e altri illustri politici. Politici veri! Fatto è che un giorno, dopo elezioni perse e rivinte andai a fare il capo del servizio politico del “Popolo” in piena Tangentopoli. C’era Pio Cerocchi, persona eccezionale a cui devo tantissimo  che mi ha aperto duemila orizzonti mentali e poi c’era quale direttore politico tale … Sergio Mattarella.

A questo punto neanche ti faccio la domanda … dammi subito la risposta.

Capacità straordinarie, grandissima umiltà e già a quel tempo il più sereno e di spessore altissimo.

Quando l’approdo in Rai?

Mi chiedono di sostituire in “Cronaca” una collega per qualche mese, il direttore era Porcacchia poi arriva Marcello Sorgi che mi fà proseguire oltre il tempo inizialmente preventivato quindi arriva Paolo Ruffini   che mi dice che mi assume e alla mia richiesta di passarmi allo “sport” mi dà del pazzo. Qualche tempo più tardi una collega dello “sport” vuole andare in “cronaca” e lo scambio è automatico. Dal ‘95/’96 sono in Rai e la mia prima radiocronaca la faccio come secondo del grande Bruno Gentili in un Roma-Juve che finisce zero a zero. Da prima voce esordisco in un Roma – Bologna  in una domenica infuocata perché la domenica precedente la Roma aveva perso tre a uno  a Torino e due dei tre goals della Juve erano viziati da irregolarità e oggi con il Var sarebbero stati senz’altro annullati. Vince la Roma due a uno il goal vittoria di Del Vecchio.

Qual è il radiocronista a cui sei maggiormente affezionato? Ameri, Ciotti, Provenzali, Carlo Nesti?

Tutti splendidi colleghi e straordinari “maestri” ma il mio mito è e resterà per sempre l’uruguaiano Victor Hugo Morales.  Tanto per semplificare ti racconto come descrisse il secondo gol di Maradona all’Inghilterra.  Scandiva i dribbling di Maradona che portarono Diego a fare quel goal strepitoso con dei “ta, ta, ta” ovvero con quel suono descriveva e faceva entrare nella mente dei radioascoltatori quell’azione al punto che agli stessi sembrava di viverla, di vederla. Un grandissimo, geniale, che radio! L’ho conosciuto in occasione della finale della Coppa Libertadores in Spagna, al Bernabeu, tra il Boca Junior, la mia squadra e  … quegli altri là (neanche li nomina! ndr). Il Boca perde tre a uno in un clima infuocato dagli incidenti. Ma è possibile che la Coppa Libertadores, cioè la Coppa che dà la liberazione a tutto il Sud America vittima e ostaggio della colonizzazione spagnola per secoli si giochi a Madrid? E’ normale per te, Ercole? Per me è una follia, però succede e succede pure che perdiamo tre a uno.

Cocente per te tipo il 26 maggio?

Assolutamente no, ci sta che perdi una finale di Coppa Italia in una serata che ha rappresentato per me un grande orgoglio professionale perché per settimane se non per mesi addirittura, ogni volta che la Lazio giocava in casa sui tabelloni dell’Olimpico scorrevano le immagini di quella vittoria e in sottofondo c’era la mia radiocronaca quindi devo averla fatta bene per davvero.

Ok, dai sbilanciati, un nome fallo, Ameri o Ciotti?

I due non erano amici. Erano l’uno il contrario dell’altro. Enrico Ameri era una tradizionalista, un cattolico fervente, un uomo di destra che a fine carriera disse che era stato regolarmente  iscritto al Movimento Sociale Italiano per molti anni. Sandro, non so se fosse di sinistra, perché non credo che avesse questo genere di problemi circa scegliere un partito o un altro. Si rappresentava da solo,  volava alto, altissimo. Era un letterato, un musicista, uno scapolo impenitente… tipo te ahahah. Un uomo a cui piacevano tantissimo le donne, faceva una vita completamente diversa da quella di Enrico. Due grandissimi, Ameri aveva una grande capacità descrittiva, una fluidità di linguaggio e una capacità di farti entrare nella partita, Sandro aveva giocato a pallone veramente e quindi era intenditore come pochi di calcio. E poi aveva un linguaggio e un vocabolario unici, invito i lettori ad ascoltare, se la trovano su internet, la descrizione della sostituzione in un derby  perso dal Toro due a uno di “spadino” Selvaggi. Poi Sandro andava sempre a braccio, non scriveva mai nulla. Io sono legato a Sandro anche per un per un aneddoto particolarissimo. Ero appena arrivato al giornaleradio quando mi dicono che dopo la pubblicità devo fare la pagina sportiva per sessanta secondi. Incrocio Sandro sul corridoio e ho con me un foglietto in mano, lui lo legge, si complimenta e poi aggiunge  “…se per sessanta secondi ti prepari un foglio quando dovrai fare una radiocronaca di novanta minuti, che fai te la scrivi prima?”, Se mi avessero dato una coltellata avrebbe fatto meno male, appallotto il foglio lo butto. Andò benissimo! Una lezione di vita, per lui era inconcepibile che noi scrivessimo qualcosa, era inconcepibile.

La frase più bella di una partita di Ciotti?

Ha diretto il signor Lo Bello davanti a 50.000 testimoni. Un genio!

Raccontami di quando conoscesti un certo Cruyff.

Sensazione indescrivibile. Finale di Roma,  Manchester City – Barcellona. C’è un signore della TV catalana che mi ostruisce il passaggio e aveva un vestito color panna, mi è di spalle, ha i capelli un po’ lunghi, un po’ radi, le spalle molto larghe. Si gira con una sigaretta e comincio a tremare. Mi chiede “fuego”, vuole accendere la sua sigaretta e io resto immobile a guardarlo. Ripete “fuego” e io prendo il mio accendino e gli accendo la sigaretta.  Era Johan Cruiff, guarda mi agito pure adesso.

Tranquillo  Francesco, io ho l’accendino.

Ahahah e io ho portato i sigari per dopo. Il mio ricordo di Cruiff mi porta ai primi anni quando mio padre in ritorno da un viaggio di lavoro mi portò le scarpette arancioni con la sua scritta e io ci ho dormito  attaccato per un mese con quegli scarpini. Vedermelo davanti che mi chiede “fuego” beh, tanta roba. Stessa cosa che mi capitò con il povero Giacinto Facchetti. Lui diventa Presidente dell’Inter e ovviamente mi sbattono alla “Pinetina” a Milano per fargli dire qualcosa, lui doveva fare la conferenza stampa di presentazione il giorno dopo e come tu ben sai il giorno prima non si dice niente. Acqua torrenziale, lui mi vede, abbassa il finestrino e mi dice “posso esserLe utile?” Era un grande signore e mentre mi parlava io pensavo ma questo qui è il terzino sinistro con la fascia da capitano di  Italia – Germania a Città del Messico? Quella del quattro a tre per noi? Sono stato felicissimo quando ho ricevuto il premio alla sua memoria, lo dico sempre a Gianfelice. Un po’ come quando vedo Riccardo Scirea allo stadio, mi sembra di vedere il padre con il quale io non ho avuto mai contatti ma per il quale avevo ed ho un’ammirazione enorme per l’uomo e per il calciatore. Mi emoziono perché per me il pallone ancora è ‘sta roba qua. Quando da ragazzi  giocavamo c’era sempre la signora che usciva e ti minacciava di bucarti il pallone se facevi casino o rompevi il vetro . Ecco, secondo me qualcuno sta cercando oggi di bucarci il pallone.  Un potere imprenditoriale che non ha capito effettivamente di che cosa si tratta.  Poteri economici ed imprenditoriali, trasversali, ci vogliono bucare il pallone, ma come si permettono? Quel signore che ha mandato via Francesco Totti, quest’altro che manda via Paolo Maldini, ma come vi permettete? Ma sapete cosa è il pallone? Ma lo capite che questi non sono calciatori per i tifosi ma sono un’altra roba? Sono “la maglia”, sono i colori, sono talismani.

Quando commenti la Roma, come stai?

Ho un’ansia e un’angoscia totali anche nelle partite inutili. Io finisco la partita che sono stremato.

Finisci anche inevitabilmente per danneggiarla per non far vedere che fai il tifoso?

Può essere capitato. Però poi ci sono state delle volte in cui non ho potuto, in particolare quando giocava, appunto quel ragazzo lì,  che faceva delle cose che non erano … normali. Ho avuto la fortuna di fare anche il bordocampista e di vederlo da trenta centimetri, un fenomeno. Una volta a Torino, contro la tua Juve, perdevamo due a zero poi pareggiammo due a due con il famoso goal di Nakata e a fine partita, quando realizzammo che stavamo per vincere lo scudetto,  lanciai le cuffie in aria e corsi insieme a giocatori e staff sotto la curva giallorossa dove erano assiepati oltre cinquemila tifosi e festeggiai con loro.

Quando gioca la Roma e riesci a non fare tu la radiocronaca come la vivi?

Lo sai, o chiuso a casa con lo Xanax o in giro per il Raccordo Anulare.

Un mio amico “gobbo”, Salvatore Costa, mi ha detto di chiederti perché non passi a fare il telecronista.

Salutamelo e digli perché non me ne frega niente della televisione.

 L’Ordine giornalisti è un organo che apprezzi o che non ritieni più necessario?

Sinceramente penso che ci voglia un Ordine che détti delle regole perché purtroppo, soprattutto con l’avvento dei social, non deve e non può passare il principio che tutti possano scrivere inducendo nel lettore la convinzione della veridicità di quanto riportato. Mi spiego meglio, tutti sono liberi di esprimere le proprie idee ma chi legge deve valutare il grado di attendibilità della notizia che legge e solo un Ordine che detta regole precise e l’osservanza di un codice deontologico può garantire l’accertamento della notizia che viene offerta al lettore e la lealtà, al di là delle appartenenze e dei colori politici, di chi ne fa parte cioè del giornalista.  

Legge 150 del 2000, la trovi giusta?

Assolutamente sì, è giusto che in ogni settore ci siano i professionisti di quel settore ed è dunque giusto che anche in un ufficio stampa ci siano giornalisti iscritti all’Ordine professionale di riferimento e questo a tutela dei destinatari del servizio.

La tua giornata tipica?

Come sai come primo mestiere sono pescatore, sono di Tropea e quindi io sono pescatore. Mio padre era pescatore, per cui sono da sempre abituato a orari folli ed ogni mattina alle quattro e venti apro gli occhi poi magari dal letto mi leggo i giornali, guardo le prime rassegne stampa fatto è che alle quattro e venti sono in qualche modo già operativo. Quando ero ragazzo, a prescindere dall’orario in cui avevo fatto rientro a casa, mio padre tra le quattro e le cinque veniva a scuotermi e buttarmi giù dal letto.

Come prepari una radiocronaca?

A Roma è tutto più facile e gestisco meglio gli spostamenti ma quando molto spesso sono fuori mi organizzo per raggiungere la città della partita, con il treno e non più con l’aereo perché lo trovo molto più comodo quindi arrivo in albergo, Milano, Torino, Genova, Napoli e la prima cosa che faccio è ordinare le idee, non preparo mai le partite perché le partite che faccio io sono partite importanti quindi già conosco i calciatori e di che tipo di partita si tratta. Non perdo tempo a preparare statistiche perché in radio devo dire dov’è la palla altrimenti chi ti ascolta dice “vabbè, ma la palla dov’è?”.  Quindi come ti dicevo riordino le mie idee, provo a rilassarmi  un pochino sai sono un premio transenna d’oro ahahah, come diceva il mio amico e collega Emanuele Dotto, arrivo tre ore prima perché sono sempre convinto di avere la nuvola di Fantozzi sopra la testa, per cui se parto in un tempo normale, sicuro che si buca una gomma e arrivo tardi. Poi faccio la partita e con il primo treno utile ritorno a Roma. Questa  è la mia giornata-tipo lavorativa. Quando invece non lavoro sto a casa con mia moglie e le mie figlie e cucino per loro. Spesso mangio cose calabresi e quando sono in Calabria che te lo dico a fare?  Vado il più possibile a pesca.

Tanto ti svegli alle quattro e venti…

Ahahah

Apprezzo tantissimo quei tre o quattro minuti prima dell’inizio delle partite in cui sciorini poesia e prosa insieme, un romanticismo del calcio da tutti amato ma che nessuno fà più.

Questa cosa rientra nel riordino delle idee di cui parlavamo prima , devo capire che mi deve venire in mente una cosa particolare e poi è lo stadio che me la suggerisce, gli umori della gente, dei tifosi, quei cori degli appassionati che sento.

Il complimento più grande che ti si può fare, secondo me, è che sei in Europa tifoso di tutte le italiane. Se commenti la Lazio non si vede che sei romanista.

Allora c’è una cosa fondamentale, Ercole,  che si chiama servizio pubblico e che significa canone che anzi non il canone ma è una tassa di possesso. Lo pagano tutti i tifosi, quelli della Lazio e della Roma, quelli dell’Inter e del Milan, della Juve e del Torino e via dicendo e io devo essere leale e rispettoso nei loro confronti e  devo esaltare le gesta della squadra italiana.

Passo il microfono, Francesco, al mio amico, il Consigliere Stefano Giaime Guizzi per una domanda e poi continuo io.

Eccomi, volevo chiederti i ricordi, da tifoso, perché all’epoca ancora non eri giornalista, di Roma – Liverpool.

  Ti dico subito che il giorno dopo avevo l’esame di Diritto Civile, esattamente la seconda parte, quella speciale, con il  Professor Bianco. Fino alle quattro di notte sono rimasto in curva, non capivo niente e mi chiedevo come fosse possibile una cosa simile. Una ferita enorme per i romanisti, io sono un figlio del 30 maggio 1984 e quella cosa lì a noi non ce la leverà mai più nessuno dalla mente e dal cuore. Ricordo che la mattina all’esame mi presentai a pezzi e quella povera assistente mi guardava e vedeva che stavo male, rispondevo con gli occhi sgranati, andavo a rilento. Alla  fine presi ventotto ma la finale della sera prima non la auguro nemmeno al mio peggior nemico.

Un ricordo bello del calcio?

Abidal che esce da una sala operatoria dalla quale si diceva non sarebbe mai uscito e che alza la Coppa Campioni perché il grande Puyol gli lascia fare il Capitano e alzare al cielo a Wembley la Coppa dalle grandi orecchie. Lo sport nel senso migliore!

E da italiano quale è stata la gioia più grande nel raccontarci una partita?

Da italiano è stata la vittoria all’europeo, a casa loro. Da giorni canticchiavano una canzone che avevano composto e secondo la quale la  Coppa sarebbe tornata a casa, cioè secondo loro in Inghilterra ed io gli dissi che effettivamente è tornata a casa, in Italia, perché il calcio è nato a Firenze. E poi durante la radiocronaca mi sono concesso la licenza di nominare Tropea, il luogo dell’anima, la mia anima.

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