Quarantatre anni, da Roma, canottiere e musicista di grandissimo livello, condivide con me l’affetto per Laura e Simone, suoi cugini e miei carissimi amici (a sei anni regalai a Laura la prima rosa della mia vita che fu anche la sua prima rosa), l’amore – sì, si tratta proprio di amore – per la carbonara, la gricia e l’amatriciana oltre che per il buon vino e, soprattutto, per il whisky Laphroaig dieci anni di invecchiamento, il Re dei whisky torbati. Segue, ovviamente, lo sport, in particolare quelli che il buon Galeazzi definiva di un Dio minore: canottaggio, atletica e tennis e con moderazione, il calcio. Tifa tiepidamente per la Roma pur avendo un figlio laziale; e già un figlio, Alessandro, quattordicenne, canottiere come lui e che lo costringe ad uscire in barca e a mantenersi in forma e che è, senza ombra di dubbio, la medaglia più bella ed importante della sua vita.

Iniziamo l’intervista cercando di soddisfare subito una mia grande curiosità: Lorenzo Porzio, atleta e musicista o musicista e atleta?  In altre parole, è nata prima la passione per lo sport o quella per la musica?

Bella questa! Nasco musicista però dentro di me c’era il DNA da atleta. Per farti capire, mio padre – Guido Porzio – è stato un grandissimo atleta, rugbista della Nazionale negli anni ’60/’70 e suo fratello – Nicola Porzio – mio zio, invece, era il fisarmonicista di Ennio Morricone. Quindi unendo un po’ queste due anime e questi due modi di essere sono uscito così, musicista e atleta. Però in realtà io ho scoperto prima la musica perché ho cominciato a suonare il pianoforte a sette anni mentre lo sport a livello agonistico è arrivato per esigenza.

Esigenza?

Sì, perché ero grasso, ero al limite dell’obesità, a dodici anni portavo la cinquantaquattro di pantaloni e quasi non mi riuscivo ad allacciare le scarpe; mangiavo male, senza criterio, pensa che mi chiamavano er merendina.  A  questo aggiungi che ero anche un tipo molto timido e molto introverso e che mi rinchiudevo nel mio mondo, con la mia musica, con il mio pianoforte. Lo sport mi ha dato poi quell’apertura verso l’esterno e soprattutto quella consapevolezza delle mie possibilità, quindi mi ha cambiato caratterialmente perché mi sono innamorato dello sport che poi è diventato la mia vita.

Quando si dice, non tutti i mali vengono per nuocere.

E’ proprio così, Ercole. Quelli che dovevano essere i due riempimenti della mia vita, come diceva mio padre, la passione per la musica e quella per lo sport, poi sono diventate proprio la mia vita.

Un aggettivo per descrivere Lorenzo atleta e uno per descrivere Lorenzo musicista?

Ti posso dire la stessa grande dote in tutte e due: uno stakanovista; questa è la mia più grande dote, non mi sono mai spaventato del duro lavoro, quindi a volte sono riuscito a ottenere anche più risultati di chi aveva sulla carta più talento di me proprio perché io ero uno che ha sempre creduto molto nell’applicazione nel duro allenamento.

Passione, divertimento, amore, impegno, sacrificio, dedizione sono tutti aspetti fondamentali per eccellere in una disciplina sportiva e non solo. Qual è la tua personale classifica in ordine di importanza?

Posso riassumere tutto in tre categorie. La prima, come ho detto prima, è il lavoro, quindi il duro lavoro è in cima alla lista; la seconda cosa importante è il talento perché comunque, se tu hai il motore di una  500, come una Ferrari non ci andrai mai e il buon Dio qualche cosa di talento te lo deve aver dato; terza cosa importante, i contatti, le giuste conoscenze sia nel mondo dello sport che in qualsiasi settore perché tu puoi essere bravo quanto vuoi, ma se non hai i contatti giusti alla porta di casa non ti viene a bussare nessuno.

Anche l’aspetto psicologico, Lorenzo, credo sia importante dal punto di vista mentale, perché praticare per tanti anni al massimo livello uno sport così duro e di grande sacrificio come il canottaggio, indubbiamente, ti ha fornito una marcia in più anche nella tua vita, o sbaglio?

Guarda, questo è esattamente quello che io dico sempre ai ragazzi quando vado nelle scuole o anche nelle università, come portavoce, per parlare dello sport ma soprattutto dei valori che lo sport ci insegna. Io batto molto su una cosa ovvero sul non fare sport importanti solamente per vincere la medaglia Olimpica o per guadagnare quattro soldi o per far parlare di sé per un periodo. È importante quello che ti può insegnare lo sport, perché ci sono certi valori, come il rispetto degli altri, il rispetto della propria persona, il non demordere mai quando sei dinanzi alle difficoltà che ti aiutano a superarle se hai fatto sport in modo serio e sano. Il saper vincere ma anche il saper perdere ed essere leali sono caratteristiche importanti che lo sport ci insegna fin da bambini. Sono pienamente d’accordo con te, si è anche capaci di rialzarsi più velocemente e di riorganizzarsi e tornare a essere più forti di prima se hai queste caratteristiche e questo vale sia nello sport che nella vita in genere. Il saper collaborare con gli altri, il saper creare una squadra sono concetti e valori fondamentali che poi ti ritrovi nella vita di tutti i giorni, affettiva, familiare, lavorativa ed è per questo che io lo sport l’ho sempre inteso come una grande palestra di vita. Ho sempre detto, e lo dico sempre ai giovani e in primis a mio figlio, prima ancora di diventare campione di uno sport, tu devi diventare campione di vita. Lo sport è una fase di passaggio della nostra vita ma quello che ti insegna te lo porti avanti fino alla fine.

Si dice che il canottaggio sia uno sport basato sul ritmo, uno sport musicale; chi meglio di te, può spiegarci questo aspetto?

Allora gli inglesi, che sono sempre stati fortissimi nel canottaggio e si può dire che l’hanno inventato loro, usano una frase molto bella: ti dicono di ascoltare la barca cantare perché il canottaggio è proprio poesia e musicalità. Giampiero Galeazzi diceva sempre che per essere un canottiere forte bisognava avere il giusto swing e questo perché il canottaggio in particolare, ma qualsiasi sport alla base di tutto ha il ritmo e ha la giusta coordinazione. Anche chi fa il salto con l’asta, il salto in lungo o il tuffatore deve avere il giusto ritmo in quello che fa, proprio come movimenti intendo ma il canottaggio è davvero musica e ritmo. Bisognerebbe provare per rendersi conto dell’insieme tra il tuo corpo, lo spazio e lo specchio d’acqua e quindi mettere in relazione tutti questi tre aspetti. Se tu non hai appunto il giusto swing, il giusto ritmo non viene, infatti tra un canottiere che è molto forte fisicamente e uno che invece ha ritmo, vince quello con il ritmo sempre.

In generale nello sport quanto è importante l’allenamento e quanto il talento?

Allora, sicuramente l’allenamento è la cosa più importante, l’applicazione costante e con la testa giusta, con la voglia di migliorare senza spaventarsi della fatica. Nello stesso tempo il talento anche è importante, però il talento va allenato. Ci sono invece persone che pensano che solamente con il talento e senza mai allenarsi possono andare a vincere ma non funziona così, soprattutto in uno sport di fatica come il canottaggio. Sai, ci sono altri sport dove magari il fisico conta un pochino meno – mi verrebbe da dire il calcio – però anche oggi per esempio nel calcio sono strapreparati come nel tennis. Una volta i grandissimi tennisti degli anni ‘50, ‘60 e ‘70 si allenavano poco ma avevano un talento micidiale. Oggi i tennisti oltre al talento anche a livello fisico devono essere delle macchine da guerra perché altrimenti non vanno più. Sicuramente il talento è alla base perché il motore della 500 purtroppo non può girare nella pista di Formula Uno però lo devi allenare costantemente e con grande umiltà, sapendo benissimo che, se tu ti riesci ad allenare tanto e bene, comunque avrai una marcia in più rispetto agli altri.

Hai vinto il campionato del mondo under 23 nel quattro con e la medaglia di bronzo Olimpica ad Atene nel quattro senza. Ma in assoluto qual era e qual è la tua imbarcazione preferita e qual è il tuo ruolo in barca preferito?

Io sono sempre stato un canottiere un po’ atipico perché ero un metro e novanta per novanta chili che detta così sembra un canottiere grosso e gareggiavo con i pesi massimi ma in realtà sui campi di gara mi prendevano in giro e ironizzando  mi dicevano che ero un peso leggero perché l’altezza media di un canottiere era di quasi due metri per centocinque chili. Però devo dirti che io con il mio fisico intermedio riuscivo a ricoprire diverse posizioni ed infatti tanti mondiali li ho fatti a capovoga alcuni a prodiere ed altri come centrobarca e ogni ruolo ha delle tipologie diverse. Ho fatto campionati in due senza, in otto e in quattro con; quindi, ero uno dei più eclettici della Nazionale in quei quindici anni che sono stato in maglia azzurra ma sicuramente il mio cuore sta sul quattro senza che sempre come diceva il buon Galeazzi, è come giocare a calcio con la maglia numero dieci perché è giusto connubio tra tecnica e potenza.

Abbiamo parlato delle vittorie, ma come ogni atleta hai conosciuto anche delle sconfitte. Cosa ti hanno insegnato e quanto ti sono servite?

Probabilmente le sconfitte mi sono servite più delle vittorie perché è da lì che impari tantissimo e se non fai prima la giusta dose di sconfitte poi non riesci ad arrivare a vincere. Dico sempre che prima di dare legnate agli avversari devi farti una scorta di legna, poi le puoi cominciare a distribuire. Ti confesso però che anche quando non vincevo una gara o comunque non andava, non mi sono mai sentito sconfitto perché io da quella gara ho sempre imparato qualcosa; quindi, io a casa ho sempre riportato degli insegnamenti e in questo senso non mi sono mai sentito sconfitto o perdente.

Hai lasciato lo sport agonistico nel 2012 ma continui ad allenare e a fare il talent scout dei giovani, insomma il canottaggio sarà sempre parte della tua vita.

Allora io ho lasciato lo sport agonistico nel 2012, anno del mio ultimo titolo assoluto perché comunque ero diventato padre da un anno e non riuscivo più a conciliare i tanti impegni sportivi con quelli musicali, con la mia carriera che stava partendo e mi costringeva a stare molto tempo all’estero. Sono stato quindici anni con la Nazionale da quando ero juniores fino ad arrivare al gruppo Olimpico; quindi, tutto quello che di positivo e di bello potevo prendere dallo sport l’ho preso. Di certo è che, quando tu poi sei atleta, sei sportivo, non riesci a chiudere la porta perché lo rimani per il resto della vita proprio per quello che hai assimilato e che hai imparato e oggi mi sento ancora vivo sportivamente parlando. Mi piace rimanere nel mondo dello sport come allenatore e ho la fortuna di essere allenatore in due circoli prestigiosi, sia il circolo Canottieri Aniene, che il circolo degli Esteri ed insegnare ed il trasferire agli altri mi sembra come rivivere tutti quegli anni bellissimi che ho fatto come atleta.

Alcuni aspetti del canottaggio, come il lavoro di squadra, sono basilari anche nella tua professione di direttore d’orchestra, in fondo l’orchestra è come una barca in cui tutti devono vogare a tempo nella stessa direzione, in quella giusta.

Esattamente io oggi riesco a gestire grandi nuclei, grandi orchestre proprio perché il canottaggio mi ha insegnato a prendermi cura degli altri e ad ascoltare i propri compagni e a capire che in un equipaggio si è tutti parte di una catena. Ognuno è un anello di questa catena e se anche solamente un anello cede, la catena non esiste più e quindi non c’è spazio per il solista che fora come in un coro o come in un’orchestra e va per i fatti suoi. Tu devi imparare ad ascoltare le persone vicino a te come in un’orchestra, ti devi proprio prendere cura dei tuoi compagni ed è così che l’equipaggio vince. La barca, la squadra fa risultato e per l’orchestra è la stessa identica cosa. Il riuscire a creare una sinergia tra tutte quante le persone e tutte si devono sentir parte di un unico grande discorso, il saper tendere l’orecchio ma anche la mano alla persona che ci è vicina perché il bene di quelle persone, il bene di quel prossimo è anche il tuo di bene.

Sei stato Tedoforo alle Olimpiadi di Torino 2006, hai composto l’Inno dell’Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia e da oltre dieci anni sei Testimonial Unicef e sei anche Cavaliere della Repubblica. Emozioni che restano.

Sì, sono tutti tasselli di un grande puzzle che è la vita, di quei risultati grandi, piccoli, importanti, meno importanti che sono riuscito a ottenere. Quelli che tu hai elencato sono sicuramente state grandissime emozioni, dovute però ad anni e anni di duro lavoro, se vogliamo anche di sacrificio anche se poi, come dicevamo prima, Ercole, magari è sbagliato parlare di sacrificio perché avendo la fortuna nella vita di aver fatto sempre quello che più mi piaceva, la musica e lo sport, non si può parlare di sacrificio ma direi di impegno costante e duro. La nascita di mio figlio è stata un qualcosa di ancora più importante rispetto a questo perché quando sei atleta vivi anche di sano egoismo perché devi un po’ anche pensare a te stesso per arrivare al risultato. Così pure quando fai il musicista, pensi a dirigere le sale più importanti di tutto il mondo e quindi vedi sempre tutto attraverso i tuoi occhi però poi la nascita di un figlio ti fa cominciare a guardare il mondo anche attraverso gli occhi di tuo figlio. Allora forse ti accorgi che poi la vita, le cose veramente importanti sono altre.

Bravo, bella risposta! Sei laureato in composizione con il massimo dei voti al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, organista e pianista. Senza falsa modestia, come piace definirti, direttore d’orchestra, musicista, concertista o direttore musicale?

È una cosa che io mi stavo chiedendo proprio qualche giorno fa perché mi sono ritrovato a vivere proprio appieno tutti gli aspetti della musica e mi piace fare questo. Cioè, non mi è mai piaciuto fare o solo il pianista o solo il compositore o solo il direttore d’orchestra; a me piace fare tutto perché fa tutto parte del mestiere del musicista, dell’arte del musicista quindi mi definisco imprenditore della musica.

Mario Urciuoli, un mio caro amico, mi ha detto di chiederti, se il paragone regge, qual è lo strumento preferito dell’orchestra che dirigi. Per me è un po’ come chiedere ad un allenatore di calcio qual è il ruolo che preferisce.

Ah ah ah, questa è una domanda che non andrebbe fatta, perché un direttore d’orchestra ti dovrebbe dire che tutti gli strumenti hanno la stessa importanza, che dipende dalle epoche, dai compositori, però io ti posso dire che io nasco pianista e organista, però in orchestra, lo strumento del cuore quando è suonato bene, però veramente bene, è sicuramente, per me, il corno, il corno francese. È lo strumento romantico per antonomasia e quando tu trovi un cornista veramente bravo beh, è roba seria!

Hai avuto l’onore e il privilegio di suonare l’organo nella Basilica Papale di San Pietro e di dirigere e tenere concerti nelle più importanti sale e Basiliche di Roma e d’Italia, dalla Cappella Sistina alla Basilica di San Giovanni in Laterano. E, ancora, la Messa-concerto di Natale per coro della Basilica di San Pietro e hai diretto in Europa, alla Carnegie Hall di New York e tanto altro ancora. Qual è la più emozionante tra le esperienze professionali che ho citato?

Ognuna di queste rappresenta un grande risultato, ho diretto nei posti più belli e più importanti del mondo ma io ho un grande difetto, mi spiego meglio. Il primo pensiero dopo che ho vinto la medaglia Olimpica mentre ero sul podio con la medaglia al collo, sai quale è stato? Pensare a quello che dovevo fare tre giorni dopo, finire l’esame di pianoforte al Santa Cecilia. Io sono fatto così, non riesco mai a godermi veramente un successo che già penso alla prossima cosa da fare.

Lorenzo e il sociale.

Io ho una grande passione e soprattutto sento proprio intimamente la missione di cercare di aiutare, di fare qualcosa per i giovani, senza considerarli gli adulti di domani ma già oggi, giovani di oggi. Quindi vanno aiutati e lo sport e la musica sono due mezzi, arti eccezionali per rendere questi giovani persone migliori. Come ti dicevo prima ancor prima di essere campioni dello sport, campioni della vita, quello che può insegnare ai giovani lo sport è l’arte, la cultura e nel mio caso la musica è un qualche cosa che ti può salvare e portare veramente bellezza. Bellezza intesa proprio come senso generale nel senso più bello di questo termine; la bellezza salverà il mondo ed io ci credo veramente e a questi giovani bisogna circondarli di bellezza. In più da un paio di anni a questa parte sono molto sensibile alla tematica dei tumori e quindi da più di un anno collaboro anche come allenatore di una squadra di canottaggio femminile di tutte ex tumorate di cancro al seno; la squadra si chiama incontra donna perché il canottaggio è stato riconosciuto come lo sport migliore sia per la prevenzione ai tumori ma anche per la riabilitazione post-intervento tumorale. Ho perso mio Padre per un cancro ai polmoni e quindi ora sono particolarmente sensibile a questo aspetto del sociale.

Lore’, ma tu lo sai che per questa intervista mi hai fatto perdere mezzo derby oggi?

Ahahah…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *