Siamo abituati a vederlo con un grande cappello e pashmine sempre bellissime, “entrare” nei nostri televisori o in un concerto ed applaudirlo per la sua voce straordinaria e la sua disarmante umanità. Sto parlando di Al Bano Carrisi da Cellino San Marco, che ha fatto della musica la sua mission ed ha allietato diverse generazioni con una produzione ed una interpretazione vastissima e senza eguali di testi, apprezzati, ascoltati e cantati in tutto il mondo. “Felicità”, “Nostalgia canaglia”, “Ci sarà”, “Cara terra mia”, “Sharazan” e, ancora, “La vita mia”, “L’amore è sempre amore”, “Nel perdono”, “Quando il sole tornerà” e potrei continuare all’infinito a citare le canzoni con le quali l’Al Bano nazionale ci ha allietato e continua ad allietarci. Ma Al bano è tante altre cose, è un ragazzo che ha come “faro” Domenico Modugno e che è partito, all’inseguimento di un sogno con una valigia di cartone carica di speranza e del sapere contadino di cui va orgogliosamente fiero e da cui ha tratto origine. E quel sogno grazie alla sua umanità e ai valori familiari che albergano in lui, oggi che qualche ruga caratterizza il suo viso, può ben dire di averlo raggiunto e, forse, addirittura superato. E di gran lunga! In un clima di assoluta cordialità, davanti ad un caffè, ho avuto il privilegio di incontrarlo  ed intervistarlo, “toccando” da vicino la grandezza dell’uomo che va di pari passo con quella dell’artista.

E’ una vita che delizi con un microfono in mano le platee di tutto il mondo. Cosa rappresenta per Te questo microfono e, soprattutto, quando hai capito che la Tua voce poteva cambiare la Tua vita?

Ho capito subito che c’era una passione fortissima nei confronti del canto e della possibilità di comunicare attraverso la voce. Ero un ragazzino, avevo appena sei anni ma già avevo questa intuizione. Mi chiedi se mi aspettavo tutto questo? Onestamente no però posso dirti che ero confortato sempre, in ogni momento, da questo rapporto che definirei impressionante con la musica. Ci penso spesso e credo, ripeto,  che sia davvero impressionante il mio rapporto con la musica come impressionante è quello con lo Spazio per un astronauta o con lo sport per un atleta. Ognuno nasce con una missione su questa terra ed evidentemente il buon Dio aveva deciso che la mia missione fosse quella di fare il cantante. E tale è rimasta, tale è e tale resterà anche se alcuni miei amici americani simpaticamente mi definiscono “rinascimentale”. Ma io non mi fermo alla musica, perché poi dipingo, poi costruisco, poi mi dedico alla vigna e la cosa clamorosa è che trovo il tempo per assecondare tutte queste mie esigenze.

Sei un passionale, cosa provi quando dall’altra parte del Mondo canti dinanzi a migliaia di fans stranieri scatenati e a migranti italiani che vedono in Te “l’italiano che ce l’ha fatta?”

Ti racconto un aneddoto che mi fece molto piacere. Una volta in Germania venne una troupe della televisione italiana che pensava che il mio concerto fosse rivolto ad una platea totalmente o quasi italiana e quando vide che l’80% degli spettatori era costituito da tedeschi rimase allibita. In quel periodo suonava con me anche un bassista che era il bassista dei Thin Machine, il gruppo di David Bowie e lui era sposato con la sorella di Romina e fece il tour insieme a noi. Rimasero tutti sorpresi come anche quando cantai con Carreras, con Domingo con tutti i grandi della Russia. Questo per dirti come la musica io l’abbia sempre abbracciata a trecentosessanta gradi e come abbia sempre apprezzato l’affetto dei fans italiani come di quelli -molti, moltissimi-  stranieri.

Sei senz’altro affezionato a tutte le Tue canzoni ma qual è quella verso cui hai un maggiore trasporto e che magari canticchi mentre fai la barba?

No, per me il fattore musicale è come un libro perché ogni canzone ha una sua data, una sua dimensione ben precisa, un suo riferimento particolare e mi riferisco a quelle che ho scritto io. Questo vale anche per quelle di altri che ho cantato o quando penso per esempio ad un album che si chiama “Concerto Classico” e  che ebbe un successo enorme, da delirio in Germania e in Russia per esempio e che è caratterizzato da un momento particolare della mia carriera. Romina aveva deciso di cambiare vita, andò via ed io rimasi nuovamente solista ed hoavuto la fortuna di avere una canzone dal titolo “E’ la mia vita” e la fortuna di realizzare questo album che ha avuto un successo pazzesco e quindi sono tornato indietro ed ho ripreso da solo a rifare quello che facevo da ragazzino dal ’67 in poi. Forse Ercole sai, ci sono delle date che qualcuno sopra di noi stabilisce. Dove c’era scritto che io dovessi avere un successo così grande con Romina? Eppure così è andata. Poi lei si è staccata e ha deciso di vivere -e va bene- la sua vita in una dimensione diversa, ed io ho ripreso a fare il solista ed è andata benissimo anche così ed hanno scoperto che avevo una voce “speciale” facendo anche i classici ed abbinamenti con altri illustri interpreti internazionali della musica. La vita è strana amico mio! Comunque no, non c’è una canzone che preferisco ad un’altra, sono affezionato a tutte ed ogni mattina ne canto una diversa anzi penso a quelle che devo fare di nuove.

Il Tuo boom artistico ed il Tuo momento più difficile. Come hai vissuto questi due spaccati così diversi tra loro?

Ti faccio un esempio banale e comune a tutti noi: nell’arco delle 24 ore abbiamo momenti di luce e momenti di buio, noi avremo sempre nella vita questi momenti. Se capisci questi messaggi hai la conoscenza di cosa è la vita e quindi non ti  adagi sugli allori e non ti disperi mai più di tanto e mantieni l’equilibrio tra queste due dimensioni. Black and white!

Qual è il cantante con il quale hai un rapporto oltre che di colleganza anche di amicizia e perché?

Bocelli. Intanto artisticamente chapeau! E’ di una preparazione incredibile, mi sento un alunno quando sento lui. Accanto a questa straordinaria preparazione e capacità artistica ha un’umanità eccezionale. Come fai a non amare gente così? E ringrazio Dio che c’è questa gente su questa Terra! Poi il tuo amico Roby Facchinetti, io chiamo lui Re e lui chiama me Imperatore. Straordinario! E poi Negramaro, Toto Cotugno, I Ricchi e Poveri. Il guaio è che non abbiamo mai tanto tempo, per i rispettivi impegni professionali, per stare insieme e ci vediamo più sui giornali che di persona e questo mi dispiace perché sarebbe bello stare più tempo insieme.

A quale collega avresti voluto scippare una canzone e quale?

Il termine scippare non mi piace ma sono diverse le canzoni di altri colleghi che avrei cantato volentieri:   “Azzurro”,  “Pregherò”, “Con te partirò”, “Il cielo in una stanza”, e poi “Io che amo solo te”, che mi faceva impazzire. Tutte canzoni straordinarie che erano nelle mie corde.

Se Ti dico “The voice senior” cosa mi rispondi?

Una bellissima esperienza con mia mia figlia e con un epilogo strano che ancora oggi non so spiegarmi ma va bene così.

Il giovane cantante che apprezzi maggiormente e quello che credi abbia le caratteristiche per essere, tra 100 anni, il Tuo erede.

Nessuno di noi ha un erede perché ogni persona, ogni cantante ha un suo stile ben definito e che è solo il suo che non c’entra niente con nessun altro. In Italia le copie non vanno bene, Celentano resterà sempre lui e non ce ne sarà mai uno che possa somigliargli altrimenti poi diventa un imitatore e gli imitatori hanno una vita abbastanza breve. Quindi non credo che avrò un erede e se ci sarà, sarà senz’altro più bravo di me. Comunque di bravi ce ne sono tanti, Ermal Meta e Mahmood per esempio sono davvero molto bravi.

Certo che, artisticamente parlando, quando scendevano dalle scale di Sanremo un tale di nome Al Bano ed una tale, bellissima – diciamolo pure – di nome Romina, con la loro bellezza e la loro straripante simpatia avevano già vinto il Festival prima di iniziare eh?

Esperienze bellissime ed indimenticabili, un momento fantastico e purtroppo irripetibile che ricordo con piacere ma anche con la consapevolezza del discorso “giorno /notte”  che abbiamo fatto prima.  

Vai fiero, giustamente, delle Tue radici contadine. Quanto, queste radici, Ti hanno aiutato nella vita e nella professione?

Ognuno nasce senza la possibilità di scegliere. Io sono nato da origine contadina e quindi sono fiero di

questa origine. Una vita durissima, incredibile e che mi ha dato forza vedendo la forza e la fatica dei miei genitori. Quella fatica e tutto quel lavoro erano una schiavitù pazzesca ed i rendimenti erano magri, veramente magri. Scrissi anche, tredicenne,  delle canzoni a mio padre che rappresentavano questo pensiero ed una la intitolai “la zappa picca pane e pappa” e che voleva dire che con il lavoro del contadino avevi poco  da mangiare. Mio padre rimase stupito da questa canzone che gli scrissi e che gli cantai così giovane ma avevo il desiderio di sottolineare come vivevo quel momento ed il sogno … del “salto” che avevo nella testa.

Sei legatissimo alla Tua famiglia, genitori e figli su tutti. E’ a loro che rivolgi i tuoi pensieri più belli vero?

Sempre, però seppur la famiglia è sacra tu devi  fare in modo che tutto ti diventi  “famiglia” altrimenti diventi un nucleo destinato ad esaurirsi se non allarghi il tuo concetto di famiglia.

Durante il lockdown hai cantato Felicità sotto il Policlinico di Bari mostrando una spiccata sensibilità

Quando vedevo che medici ed infermieri sfidavano la vita ho accolto immediatamente l’invito che mi era stato rivolto e sono andato al Policlinico a cantare. Solitamente prendo i “do” di petto quella volta ho preso il “si” (inteso come risposta affermativa alla richiesta che gli era stata rivolta ndr) di petto e sono andato. Tutti che si preoccupavano potessi essere contagiato ma non era arrivato evidentemente il mio momento. E’ stato un grande momento, stavo facendo un qualcosa di utile, di improvvisato, un bel momento in cui ho capito che il mio mestiere va anche al di là del successo, va oltre, entra nelle vene dell’umano. Io a loro, loro a me, è stato un interscambio di emozioni!

Nella sala incisioni hai una foto incorniciata che Ti ritrae con un giovanotto di nome Domenico Modugno. Ti scende la lacrima?

Beh, non c’è giorno che non mi capiti di parlare di Modugno anche perché fa parte della mia storia, della mia vita. Lui viveva a due chilometri e mezzo da Cellino ed è stato il primo a sdoganare il dialetto salentino che tutti scambiavano per siciliano. Evidentemente non si sa bene che il dialetto messinese è uguale al dialetto salentino, nessuno sa perché ma pur essendoci in mezzo la Calabria è così. A Modugno gli davano del siciliano e lui si arrese in quel periodo, nessuno sapeva quasi cosa fosse la Puglia  negli anni ‘50/’60. Lui diceva sempre che aveva provato con tutte le sue energie a spiegare che era pugliese ma alla fine tutti gli continuavano a dire “ma sei siciliano?”. Per i francesi e anche per tanti italiani  passava per siciliano poi si capì,  nel tempo, che Mimmo era nato a Polignano a Mare e aveva vissuto a San Pietro Vernotico

Al Bano ed il suo vino.

Ne vogliamo parlare? E parliamone. Io sono nato in un posto dove c’era più vino che acqua perché tutti, in ogni casa, facevano il vino. Ricordo i mesi di settembre ed ottobre, si camminava per la strada e se non stavi attento ti ubriacavi solo con gli odori. Ogni casa aveva un vino con un sapore e con un odore diverso perché c’era chi metteva del timo quando il mosto andava in fermentazione, chi metteva del basilico, ognuno inventava qualcosa di diverso e questa caratteristica purtroppo è sparita. Ricordo quel periodo con immensa nostalgia, c’era un rito ben preciso fatto di uomini, di donne, di botti, di cavalli, di traini e tutto è andato perso adesso è tutto macchine, macchine e macchine solamente. Per le campagne si udivano i canti di donne e uomini e mi ricordavano molto i campi di cotone dei neri in Louisiana. Si cantava per addolcire la durezza di quel lavoro e cantare diventava una panacea, una liberazione, ti trasportava in una dimensione diversa. Quando io penso al dono della voce che mi ha regalato il buon Dio credo che il canto è stata una medicina che mi ha sempre salvato e che mi ha come permesso di viaggiare su un tappeto volante sia nei momenti felici sia in quelli meno felici della mia esistenza. Ricordo gli anni ’90 che per me per una serie di accadimenti sono stati tragici; sentivo però quando cantavo che uscivo quasi fuori dalle tragedie che comunque dovevo affrontare. Il canto è davvero un regalo di Dio!

Un saluto ai tuoi fans e a due cari amici che abbiamo in comune: Romina Tafi e Luca Anconelli.

Un saluto affettuosissimo a quanti leggeranno questa intervista e che devo dirti, a Romina dico che questo nome mi ricorda qualcosa, buon tutto sempre ed arrendersi mai ed a Luca prometto che prima o poi ci faremo questa passeggiata sulla nave e verrai anche tu Ercole. Un abbraccio a tutti dal vostro Al Bano!

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