Nel cuore di Roma, ai Parioli, nella splendida cornice del Circolo “Antico Tiro al Volo”, ho avuto il piacere di incontrare l’avvocato Ettore Viola, fratello di Riccardo e Federica e figlio del Presidentissimo della Roma, Dino Viola e di Donna Flora. Una persona, Ettore, molto garbata e distinta, che vive nell’affettuoso ricordo del padre che onora presenziando a tutte le iniziative a lui legate e che ancora oggi (e per sempre assicura) segue con immutato affetto e straordinaria passione la Roma, che ha segnato inevitabilmente la sua giovinezza. Gentile e socievole, l’avvocato Viola si è sottoposto con disponibilità al mio microfono raccontando con trasporto e, a tratti, con emozione, fatti di quarant’anni fa.
Chi era Dino Viola e chi è Ettore viola?
Con Ettore Viola me la cavo con una sola battuta, è il figlio dell’Ingegner Dino Viola. Per quanto riguarda invece “l’Ingegnere”, posso dirti che stiamo parlando di un signore che all’età di undici anni venne a Roma su consiglio o, meglio, su indicazione del fratello, dal quale io ho ereditato il nome e che era molto più grande di lui. Un fratello importante e famoso zio Ettore, è stato un eroe ed ha rappresentato una delle figure militari più fulgide della Prima guerra mondiale al punto di ricevere i più alti e prestigiosi riconoscimenti militari e civili dello Stato. La differenza di età portava zio Ettore ad essere molto protettivo nei confronti di papà e ad incentivarlo a studiare ed impegnarsi a fondo nella vita. Voleva farne un Ambasciatore ma uscì fuori un grande imprenditore ed un ottimo Presidente direi. Ma torniamo indietro, a soli dodici anni, quando si era appena affacciato agli studi liceali, papà rimase folgorato dal giallorosso delle sciarpe e delle Bandiere che vedeva tra le mani dei tifosi della Roma in una Testaccio a quel tempo sempre pittoresca e in movimento. Qualche anno più tardi, intorno ai sedici anni, iniziò a pensare che un giorno sarebbe diventato il Presidente di quella squadra ed orientò la sua vita perché quel sogno si potesse realizzare. Si diplomò ed entrò subito nel mondo del lavoro diventando un affermato imprenditore industriale con il preciso obiettivo di utilizzare i profitti del lavoro per acquistare la squadra che da bambino lo aveva rapito e per la quale aveva sempre tifato. Altri Presidenti, prima e dopo di mio padre, hanno guadagnato con la Roma, papà ha investito i suoi “averi” per acquistarla e l’ha lasciata con un bilancio in attivo. Amore puro!
Il fratello Ettore ebbe comunque influenza sul Presidente non fosse altro perché ne indirizzò il trasferimento a Roma ma altra persona importantissima per tuo padre fu Donna Flora, tua mamma.
Mia madre! Una donna forte, decisa, andavano molto d’accordo ed erano sinceramente innamorati. Papà provò, appena conosciuta, sentimenti seri per mamma e la fece diventare subito romanista. Ti racconto un aneddoto simpatico: l’Ingegnere era militare a Pontedera e in un giorno di libera uscita andarono in bicicletta -facendo settanta chilometri- a Livorno, per vedere giocare la Roma. Un amore, quello per la città e per la squadra capitolina, che condivisero per tutta la vita.
Anni Ottanta: la Juve di Agnelli e della Fiat e la Roma di Viola e di Barilla, dicevano.
Un matrimonio vincente quello che l’Ingegnere Viola fece con la Barilla che era in fase di rilancio -soprattutto al sud- e che rimase lo sponsor più devoto in quegli anni. Pietro Barilla si complimentò spesso con il Presidente Viola al quale riconosceva competenza e serietà oltre al fatto che portando la Roma ad altissimi livelli automaticamente fece crescere molto anche la Barilla.
La Roma e Boniek.
Che dirti che già non sai? L’ingegnere Viola mi mandò in Polonia a trattare il trasferimento dal Widzew Lodz alla Roma di questo grandissimo campione diventato poi per me carissimo amico ed io mi presentai con una utilitaria e facendomi fare un po’ da interprete e un po’ da cicerone, in terra polacca, da un amico che lavorava lì all’Ambasciata italiana. Andai a casa di Boniek, che era bellissima e lui fu ospitale e la moglie gentilissima, era interessato al trasferimento in Italia e Roma gli piaceva ma mi disse che ero arrivato tardi perché un’altra società, a te, Ercole, molto cara, mandò nei giorni precedenti dei propri emissari che arrivarono con aeroplani, limousine ed assegni …più consistenti. L’anno dopo Boniek indossò un’altra casacca. Qualche anno più tardi poi Zibì mi chiamò e mi chiese se la Roma fosse ancora interessata a lui ed io parlai subito con l’Ingegnere che diede il suo assenso perché incontrassi Boniek per verificare la possibilità del suo trasferimento alla Roma. Ci incontrammo vicino Firenze e lui si presentò con la Ferrari che gli aveva prestato Platini. Il campionato successivo indossò la maglia giallorossa.
Quanto eri inserito nella società?
Beh direi molto, pur nell’assoluto rispetto dei ruoli ero tuttavia molto vicino al Presidente e ai dirigenti e il caso-Boniek lo dimostra. Con mio padre mi capitava di litigare a volte ma poi dopo mezz’ora tutto finiva, non eravamo rancorosi. Spesso mi ha fatto fare, in giro per il mondo, il capo-delegazione nelle trasferte della Roma perché sapeva bene quanto fossi legato alla maglia, ai calciatori e quanto non avessi grilli per la testa e come per ogni cosa mi rapportassi a lui. Ero talmente al mio posto e vivevo con talmente tanta serietà il mio ruolo diciamo di, come dire, addetto alla squadra, che non profittavo del fatto che ero il figlio del Presidente e questo per sia per il mio modo di essere sia perché lo stesso Ingegnere non me lo avrebbe consentito. Pensa che quando esaurivo la disponibilità di quei due o tre biglietti omaggio per lo stadio di cui disponevo ma necessitavo di qualche altro biglietto per qualche amico, li chiedevo ai giocatori, a Nela, a Pruzzo e Bruno Conti che li chiedevano in società e sottobanco li passavano a me. Mio padre a me avrebbe potuto dire, forse, in qualche circostanza, di no ma ai suoi calciatori non li avrebbe mai negati. Hai capito quanto era legato a loro?
Il periodo di Dino Viola era quello delle figurine Panini, dei primi goals della giornata di campionato visibili a Novantesimo minuto, di domenica sprint e della domenica sportiva. Come si troverebbe, l’Ingegnere, con il calcio di oggi, tra anticipi di venerdì, posticipi di lunedì, partite della domenica che iniziano in contemporanea con la Messa di mezzogiorno e terminano alle ventitré? Come si troverebbe con pay TV e procuratori vari?
Non sarebbe il calcio della passione, non sarebbe il calcio di mio padre che ha “sacrificato” per amore per Roma e per la Roma anche molti “spiccioli” familiari. E’ un altro sport nel quale onestamente c’è a tutti i livelli, senza voler offendere nessuno, una cultura diversa da quella di mio padre e dei suoi colleghi di un tempo.
Ed eccoci alla domanda che volevo farti, i suoi colleghi di un tempo. Operazione nostalgia dai, che rapporti aveva con loro e a chi di loro era maggiormente legato?
Beh, l’Ingegnere aveva rapporti tendenzialmente buoni con tutti i suoi colleghi da Agnelli ai Pontello, da Rozzi a Fraizzoli e Chinaglia, anche se la Lazio in quel periodo giocava spesso in B (ahahaah). Ma lo dico con simpatia questo anzi pensa che molti laziali ricordano con affetto l’Ingegnere perché valorizzando in quegli anni con la Sua Roma anche -indirettamente- la città di Roma, veniva automaticamente a beneficiarne anche la Lazio che comunque era una delle due squadre della Capitale. Comunque gli scontri con i colleghi o meglio le differenze di vedute a volte c’erano ma in un clima di assoluto e reciproco rispetto. Rapporti davvero molto buoni li aveva con Paolo Mantovani al quale riconosceva uno straordinario stile e con il quale intratteneva rapporti amicali.
In quegli anni c’era l’avvento di Berlusconi al Milan. Che rapporti aveva con il “Cavaliere”?
Discreti. Berlusconi arrivò al Milan quando mio padre era già da diverso tempo alla Roma e comunque il Cavaliere era ed è persona distinta anche se a mio padre non piacque una interferenza del Milan con Ancelotti.
Spiegati meglio.
Ancelotti era a Porto Rotondo in vacanza con la moglie ed io ero con Giorgio Perinetti, che tu conosci, a Milano per il calciomercato. Carletto era un pupillo della Roma, dei tifosi e dell’Ingegnere ma il Milan, senza preventivi contatti con noi, iniziò a corteggiarlo. Appresi fortuitamente questa cosa e chiamai subito il Presidente Viola che mi disse che non ne sapeva assolutamente nulla. Il giorno successivo il Milan mandò un aereo privato a prelevare Ancelotti in Sardegna, lo sottopose alle visite mediche ed il pomeriggio annunciò l’acquisto del calciatore con un comunicato stampa. Ti lascio immaginare le reazioni di mio padre, dei tifosi e di tutta la stampa. La trattativa con Galliani si era nel frattempo in qualche modo avviata ma le posizioni economiche erano distanti eppure ciononostante alla fine Ancelotti, in un modo o nell’altro, finì al Milan perché in un colloquio privato con l’Ingegnere -che si svolse nella sede che a quel tempo era al Circo Massimo- prevalse da parte di mio padre il grandissimo affetto nei confronti di Ancelotti e la volontà di assecondare quella sua richiesta che rappresentava in termini economici e di carriera la svolta definitiva per Carletto. Tra mio padre e Ancelotti il rapporto rimase sempre molto buono e l’addio alla Roma si celebrò in un clima di reciproca e forte commozione.
La Juve di Agnelli avrebbe compiuto le stesse interferenze del Milan di Berlusconi?
…non credo proprio anzi, ne sono sicuro, non l’avrebbe fatto.
La Juve e Torino: incroci fantastici in quei magici anni Ottanta ed un episodio sgradevole al vecchio Comunale.
Dici bene Ercole, un episodio molto sgradevole e che non ci aspettavamo. Eravamo in Tribuna Autorità, al Comunale, con mio padre e con mia madre quando l’Ingegnere fu aggredito vivacemente sia verbalmente che con il lancio di qualche moneta da alcuni sostenitori della Juventus. Una cosa inaudita che ci sorprese ed imbarazzò. Nego tassativamente che ci fu un contatto fisico e che il Presidente venne colpito da un calcio ma l’episodio fu ugualmente sgradevole e disdicevole perché il Presidente di una squadra avversaria deve essere salvaguardato da certi atteggiamenti e non sbeffeggiato. Comunque negli anni l’Avvocato non mancò mai di dimostrare stima nei confronti dell’Ingegnere Viola tanto che arrivò a dire che la Roma un Presidente come lui non lo avrebbe mai più avuto e, perdonami, ad oggi credo non si sia sbagliato.
Ok, passiamo a cose più liete: in undici anni di “presidenza Viola” la Roma ha conquistato uno scudetto, quattro Coppe Italia (più una quinta con Donna Flora Presidente) ed è arrivata a giocarsi una finale di Coppa Campioni e, qualche mese dopo la sua dipartita, la finale di Coppa Uefa. Un curriculum di Presidente da tutto rispetto.
Eh sì, l’Ingegnere ha riportato lo scudetto a Roma dopo ben 41 anni, ha vinto come tu hai evidenziato altri trofei importantissimi e stava per fare il colpaccio con la Coppa dei Campioni e con la Coppa Uefa della quale preferirei non parlare visto l’esito finale e soprattutto…la partita di andata. Inoltre mio padre ha riportato un grandissimo entusiasmo e una visibilità internazionale ad una città che non era nota, prima del suo avvento, per strabilianti risultati calcistici. Un amore fortissimo quello tra il Presidente, la città, la squadra ed ogni singolo tifoso che lo fermava per una foto, un autografo, una rassicurazione su un acquisto o una non cessione.
A proposito di acquisti, tanti e tutti di livello altissimo ma io vorrei parlare di uno di nome Francesco.
La ciliegina sulla torta che andò a coronare importantissimi acquisti che mio padre fece e che portarono ad indossare la maglietta giallorossa a Pruzzo e Nela, Conti e Falcao, Toninho Cerezo, Prohaska, Voller e molti altri grandissimi campioni. Eppure mio padre l’amore verso questa squadra lo aveva già dimostrato decenni prima allorché da Presidente del Palestrina praticamente regalò ai giallorossi un promettente Peccenini. Ma tornando a Totti posso dirti che a quel tempo Francesco giocava con la Lodigiani, una nota società calcistica romana nata agli inizi degli anni Settanta e che ha militato anche in serie C. Fucina di diversi campioni, in quella società giocava da giovanissimo Francesco, che indossava a quel tempo la maglia numero otto e che già si faceva notare per estro, classe, un formidabile tiro e una spiccata personalità per l’età che aveva. Tante sirene tra cui il Milan giravano attorno a quello che sarebbe diventato molti anni più tardi l’ottavo “Re di Roma” ma l’Ingegnere che aveva fiuto per i grandi giocatori intavolò subito una trattativa vincente con Malvicini -che era il Presidente della Lodigiani- e lo fece approdare alle giovanili della Roma. Il resto è …storia che tutti conoscono. Possiamo dire che anche quando mio padre non c’era più, la Roma aveva in mezzo al campo un giocatore che prese lui e che si chiamava…Francesco Totti.
Un passo indietro, tantissimi successi e due partite disgraziate: Roma Liverpool e Roma Lecce.
Ogni giorno che passa sono più convinto che se si fossero giocate in campo neutro quelle due partite si sarebbero vinte. C’era per entrambe le partite nella città già un’aria di festa, di gioia, di convinzione di aver vinto che danneggiò la squadra che non seppe evidentemente concentrarsi in modo adeguato stordita, come era, da quello straripante affetto dei tifosi che già pensavano di averle vinte quelle partite prima ancora di giocarle. Il calcio, invece, proprio come la vita, non ti concede pause e distrazioni e al minimo errore ti punisce. Un peccato non aver potuto gioire con i tifosi anche quei due trofei che avremmo secondo me meritato di vincere.
L’Ingegnere Viola passava con una grande nonchalance dai tifosi della “sud” a Giulio Andreotti e Karol Wojtyla.
L’Ingegnere sapeva stare con tutti ed aveva sempre grande tatto e rispetto per gli altri, di chiunque si trattasse. Con Andreotti gli incontri erano frequenti e si parlava sempre dell’amore che avevano in comune, la Roma. Ne parlavano da tifosi appassionati. Il Papa riconobbe più volte alla famiglia Viola, anche per il tramite del mio amico Navarro, capo ufficio stampa a per molti anni della Santa Sede, il merito di aver portato un altro polacco a Roma, Zibì.
Roma – Feyenoord.
Ti dico solo “forza Roma”.
Finiamo l’intervista con una domanda seria: “er go de Turone era bono”?
Per te e per gli juventini no, per noi assolutamente sì. Era regolarissimo. Qualche giorno dopo quel goal clamorosamente annullato, Boniperti inviò al Presidente un centimetro di quelli che si usano a scuola, forse per scherzare, non saprei dirti certo è che l’Ingegnere non apprezzò molto quella che gli apparve una scortesia e lo rispedì al mittente precisando che agli ingegneri non serve il centimetro che è un oggetto più utile ai geometri, quale appunto Boniperti era. Comunque voglio dirti che è in via di “lancio” il docufilm “Il gol di Turone era buono” realizzato in collaborazione con Rai Cinema per la regia di Miccichè e a cui hanno preso parte tanti protagonisti di quella partita da Ramon, ovviamente, ad altri campioni che giocarono quella partita e all’arbitro Bergamo che fu il direttore di gara. Ti invito a vedere la “prima“ insieme a tutti noi.
Sarà un piacere e verrò con una maglietta… ad hoc per l’occasione.
Guarda che rischi (ahahah)