Massimo Lotti: portiere con la P maiuscola
È tra i personaggi del mondo del calcio, uno dei più genuini che conosca; è fortemente attaccato alla sua terra, nella quale fugge appena ha qualche ora ora libera e alla sua famiglia e agli amici, ai quali non rinuncerebbe per nulla al mondo. Tifosissimo della Roma, segue con passione il Gaeta calcio e mi esorta a trasmettere dalle colonne del nostro giornale, al Presidente, allo staff dirigenziale, al mister, a tutta la squadra e ai tifosi, i complimenti per la recente conquista allo stadio Flaminio di Roma della Coppa Italia. Nato a Formia e da sempre residente a Gaeta, felicemente coniugato con Emanuela, Massimo Lotti ha “abitato” la serie A difendendo i pali del Lecce di Sonetti e Cavasin e ha girato l’Italia a difesa di porte di altre nobili squadre di B e C, prima di accasarsi a Benevento dove ogni domenica risulta tra i migliori in campo e dove per la sua altissima professionalità e per la sua bravura è divenuto uno dei punti fermi della squadra e uno dei leaders dello spogliatoio e della curva. Profittando di una vecchia amicizia, che risale ai tempi in cui, ragazzino, giocava nella Theodicea, ho chiesto ed ottenuto da Massimo un’intervista che con grande disponibilità mi ha concesso e nella quale abbiamo spaziato a 360 gradi, parlando di calcio minore e calcio professionistico, grandi calciatori, Presidenti e team manager, doping amministrativo e farmaceutico, coetanei in armi che girano il mondo in nome della libertà e della democrazia.
Quando ti sei avvicinato al calcio e perché?
Da bambino mi sono appassionato al calcio perché seguivo mio padre che era portiere e che giocava nel Banco Roma prima di trasferirsi a Gaeta e di giocare anche per la squadra della città. Ero la mascotte di papà, lo seguivo ovunque giocava ed è nata in me la passione per questo sport che mi ha dato tanto.
In che ruolo hai iniziato?
Ho iniziato a giocare in porta perché quello era il … ruolo di famiglia poi però visto che mi piaceva fare goal ho giocato anche in attacco e devo dire con risultati soddisfacenti. Verso i dodici anni ho iniziato ad avere idee più chiare e mi sono reso conto di essere più bravo tra i pali e ho cambiato così ruolo.
Per quale squadra tifi?
Roma.
Chi ti ha scoperto e lanciato nel calcio che conta?
Una persona eccezionale e che oltre ad essere il migliore dirigente che ho incontrato è anche un amico leale e corretto: Antonio Fragasso. Mi acquistò diciotto anni fa per quindici milioni quando ero ancora un ragazzino, dalla Theodicea, una squadra di Cassino, perché credeva fortemente in me e mi portò dalla prima categoria con la Theodicea in promozione con il Gaeta. L’anno successivo mi ritrovai in C con la Puteolana ed iniziò così, grazie ad Antonio, la mia avventura nel calcio che conta, che ancora oggi dura e mi auguro durerà ancora per qualche anno.
La gioia più grande e la più cocente delusione della tua carriera.
Le gioie più grandi sono state le partite che quale portiere rispettivamente del Castel di Sangro prima e del Lecce poi, mi hanno visto esordire in serie B e serie A contro Cosenza e Lazio. Contro il Cosenza andò bene perché vincemmo per uno a zero e quindi bagnai l’esordio in serie B senza subire reti mentre contro la Lazio, che poi vinse lo scudetto e che aveva Nedved, Salas e Mihajlovic, solo per fare qualche nome, fu negativo il risultato perché perdemmo per quattro a due ma sul piano personale giocai una grandissima partita ricevendo il plauso di avversari e compagni di squadra. Per quanto riguarda le delusioni posso dirti che le tre finali che ho perso per andare in serie B, con il Benevento lo scorso anno contro il Crotone e senza …demeritare e le due con la maglia dell’Albanova, rappresentano i momenti più brutti, calcisticamente parlando, che ho vissuto e questo soprattutto perché si è trattato di verdetti sul campo ingiusti.
Un accenno alle squadre con le quali hai giocato.
La Theodicea ha rappresentato l’ultimo anno di pallone spensierato per me, poi l’esperienza esaltante con il Gaeta che mi ha lanciato in C, con la Puteolana nel calcio che conta, quindi le esperienze a fare “ossa” come si dice in gergo, con Arzano e Savoia, poi l’Albanova ancora in C e la B con il Castel di Sangro, dove avevo come mio sostituto il grandissimo Carlo Cudicini, oggi al Chelsea, fino ad arrivare in serie A con il Lecce e dopo aver incontrato i più grandi del calcio scendere prima in B con l’Arezzo e poi in C con il Benevento dove ho portato il mio entusiasmo e tutta l’esperienza fatta in una vita di calcio.
Fammi il nome di un Presidente, un allenatore, un dirigente, un calciatore al quale sei rimasto affezionato per le doti umane.
Come Presidente Semeraro, un uomo serio che sa quando usare la frusta e quando la carota; Sonetti è un allenatore di grande esperienza con grandi doti umane e motivazionali; Antonio Fragasso è un dirigente che è voluto rimanere in categorie inferiori solo per una sua scelta di vita ma è il migliore nel suo settore e tutti lo conoscono e lo sanno, Di Carlo, l’attuale allenatore del Mantova, è un compagno con cui ho legato molto ed una persona affabile oltre che un serio professionista.
Fammi ora il nome del più bravo con il quale hai giocato insieme e dell’avversario più forte che hai incontrato.
Giannini è il più forte compagno di squadra che ho avuto mentre Ronaldo e Nesta gli avversari più bravi che ho incontrato.
Credi ancora che il calcio sia una palestra di vita?
Credo di si, per i valori che fin da bambino insegna, quali la lealtà sportiva, l’agonismo, la sana competizione, l’amicizia ma è un calcio che inizia a stancare un po’ tutti, sia chi lo pratica sia chi lo segue. Una volta si partiva l’estate per i ritiri di inizio stagione che erano denominati “preparazione” poi dopo un mese di fatica si toccava il pallone e si iniziava a giocare. Oggi, dopo due giorni di ritiro, si giocano subito amichevoli e tornei vari, l’avvento prepotente delle varie televisioni ha fatto in modo che ci si alleni sempre di meno e che si giochi sempre di più e questo a scapito della preparazione dei giocatori che a seguito di minore allenamento rischiano più infortuni e della qualità del calcio, che in assenza di riposo da parte dei calciatori non è sempre alta. Tutto questo solo per motivi economici e la gente, che amava andare allo stadio con la bandiera della propria squadra, è stanca di vedere in televisione tutti i giorni, dal lunedì alla domenica, per 24 ore al giorno, partite di calcio. Sarebbe bello ritornare indietro, giocare la domenica il campionato e il mercoledì le coppe, allenarsi gli altri giorni e vivere il calcio con meno stress. Ne guadagnerebbero tutti: addetti ai lavori e spettatori.
Cosa si prova a scendere in campo ed essere, a seconda dei casi, osannato o contestato?
Sei un personaggio pubblico e rientra nel gioco essere osannati o contestati a seconda delle situazioni.
Sei stato più volte osannato o contestato.
Se non mi dai del presuntuoso, più volte osannato. Ho avuto solo una timida contestazione, insieme a tutti i compagni di squadra tra l’altro, quando sono retrocesso in C con l’Arezzo.
Quali analogie ci sono tra il calcio di serie A e quello di B e C?
Si tratta sempre di pallone e si gioca sempre in undici contro undici. Ritiri, preparazione, amichevoli e campionato, agonismo e stress, infortuni e giornalisti, tutto è uguale, tranne una maggiore attenzione verso le categorie via via superiori che offrono maggiore visibilità e che hanno maggiori fari puntati.
Con quale squadra giocherai il prossimo campionato?
Mi auguro di rimanere a Benevento anche se è notorio che al pari di molte altre società anche il Benevento ha qualche problema di natura finanziaria che al momento ne mette in dubbio l’iscrizione al prossimo campionato. In questa squadra e in questa società mi trovo benissimo; il Presidente e lo staff dirigenziale sono capaci, i compagni bravi sia tecnicamente che umanamente e i tifosi appassionati e molto caldi. Spero proprio di rimanere a Benevento per qualche anno.
A proposito di Benevento, una parola su Nello Di Costanzo che è stato tuo allenatore.
Una persona squisita, un grande professionista che non lascia nulla al caso ma che studia tutto a tavolino. Un allenatore giovane e capace, che dovunque è andato ha fatto bene ed ha ottenuto ottimi risultati e che sono sicuro arriverà presto in serie A perché è un professionista serio, che fa del culto del lavoro la sua arma vincente.
Cosa pensi dei tuoi coetanei, che si trovano con una uniforme in giro per il mondo, mettendo a repentaglio la loro vita, in nome della libertà e della democrazia?
Sono ragazzi splendidi e fanno onore all’Italia ovunque operano per salvaguardare la libertà e la democrazia. Credo che dovrebbero essere maggiormente gratificati per l’importanza del lavoro che svolgono e non solamente ricevere una medaglietta se succede qualcosa di brutto. Sono loro vicino e gli auguro tutto il bene possibile.
La più bella parata della tua vita da incorniciare e mettere a casa dietro la scrivania?
È difficile racchiudere venti anni di calcio in una parata ma se proprio devo farlo scelgo quella all’incrocio dei pali, allo stadio Olimpico di Roma, su un tiro di Mihajlovic.
Cosa farai da grande?
Se qualcuno mi vorrà, potrei anche rimanere nel calcio.
Pubblicato sul “Corriere del Sud Lazio” n. 27 del 2005