Mauro Esposito: tra dieci anni smetto e apro una scuola calcio
Ragioniere, venticinque anni, di Torre del Greco, Mauro Esposito è una delle sorprese del campionato, inseguito da grandi società di serie A e convocato in Nazionale da mister Lippi, che di calcio sembra essere … uno che se ne intende. Nonostante sia salito alla ribalta della cronaca sportiva e sia già uno degli idoli dei tifosi sardi, è rimasto quel ragazzino tranquillo e umile che a dodici anni ha fatto le valige, salutato parenti e amici ed è partito per Pescara, dove già avevano intuito le sue grandi qualità tecniche e umane. Anche oggi che è un giocatore affermato nel tempo libero se ne sta con la sua Alessandra a fare shopping, vedere film o ascoltare musica, senza montarsi la testa, consapevole che solo il sudore del campo e della palestra ne faranno un campione in servizio permanente. Un gran giocatore, con grandi piedi e, per sua fortuna, una grande testa!
Quanto è forte il richiamo della tua terra d’origine?
Molto, sono andato via a dodici anni e ho lasciato i miei genitori, i miei parenti e i miei amici più cari,quando posso torno sempre volentieri.
Per chi tifavi da bambino?
Per il Napoli, che anche oggi seguo con affetto. Erano i tempi magici di Maradona e mio padre mi portava tutte le domeniche in curva “A”.
A che età hai iniziato a giocare a calcio più seriamente?
Molto presto, ho fatto la scuola calcio a Somma Vesuviana poi sono partito per Pescara dove sono stato fino a diciannove anni, quindi sono stato a Udine e questo per me è il quarto anno a Cagliari.
In che ruolo hai iniziato a giocare e chi è stato il tuo idolo?
Ho iniziato a giocare come mezzapunta, il vecchio numero dieci per intenderci e ho avuto due idoli, Maradona e Baggio, due campioni inimitabili che hanno scritto pagine bellissime di calcio.
Se ti dico Zola, cosa rispondi?
Che è un onore giocare con un campione grandissimo e che è un uomo eccezionale e disponibile anche fuori del campo. Non si è campioni se non si è grandi uomini e Zola è un grandissimo campione.
E se ti dico Reja, Arrigoni e Lippi?
Ah, buona questa. A Reja sono legatissimo perché ho vissuto con lui la mia migliore stagione, ho segnato diciassette reti e ho vinto il campionato di serie B. Arrigoni mi permette di svariare per il fronte d’attacco a mio piacimento e di sfuggire così agli avversari che non hanno punti di riferimento. Anche con lui ho un rapporto molto buono, così come con Lippi che è un grandissimo allenatore e che soprattutto ammiro per il modo che ha di rapportarsi con tutti i giocatori. Lippi ama il dialogo e ti mette a tuo agio dandoti sempre consigli preziosi. Permettimi però di parlare anche di Sonetti che è stata una figura per me fondamentale. Quando è arrivato a Cagliari io ero una mezzapunta e lui ha insistito a lungo per convincermi a giocare da esterno. Ha visto lungo e se oggi sono in Nazionale il merito è anche suo.
E se ti dico Cellino e Pederzoli?
Beh, se la squadra va bene è evidente che la società lavora bene e tutti i dirigenti sono validi. Cellino è stato per me determinante perché mi ha preso dall’Udinese dove non giocavo molto e ha creduto in me. È uno che sa di calcio, ha grande entusiasmo ed è il primo tifoso, in senso letterale, del Cagliari. Pederzoli è una persona squisita che lavora molto e con competenza.
Un altro dirigente che stimi?
Pier Paolo Marino, oggi direttore sportivo del Napoli.
Chi sono per te il più grande attaccante e il più grande difensore italiano.
Totti è il più grande attaccante, allenandomi con lui ho verificato che tutto quello che fa lo fa con grandissima naturalezza. Zambrotta e Cufrè sono i difensori con i quali ho incontrato maggiori difficoltà perché sono bravi nel difendere e nel ripartire.
Ti cerca mezza serie A, con chi giocherai l’anno prossimo?
Sono lusingato di tanto interesse ma per il momento sto bene a Cagliari. Ho un contratto di quattro anni con la società sarda e per ora penso solo a giocare bene e a raggiungere presto la salvezza, che resta il nostro obiettivo.
E a salvezza raggiunta a cosa penserai?
Beh, intanto continuiamo a far bene poi si vedrà…
Cosa pensi dei tuoi coetanei in divisa che si trovano in teatri internazionali in nome della democrazia e della libertà?
Il miglior bene possibile: sono ragazzi di straordinaria umanità, sensibilità e coraggio, fanno onore all’Italia e con la loro azione aiutano chi soffre a riemergere dopo anni di tirannia e crudeltà.
Doping amministrativo e doping farmaceutico: due brutte cose.
Due brutte cose che non conosco ma che non cambiano per me l’altissimo valore pedagogico del calcio, che è lo sport più bello del mondo e che non può essere infangato dal comportamento, eventualmente scorretto, di una persona su un milione. Lo sport coinvolge milioni di persone di ogni età e ceto sociale e deve essere salvato da chi cerca di calpestarlo.
Da grande cosa farai?
Voglio giocare almeno per altri dieci anni poi mi piacerebbe mettere a disposizione dei bambini la mia esperienza e aprire una scuola calcio.
Pubblicato sul “Corriere dello Sport” in data 23.04.2005