Sebby Nela: nel cuore la Roma e … il pallone

Genovese di nascita e romano di adozione, Sebino Nela è nato a Rapallo (Ge) il 13 Marzo 1961 e vive a Roma, dove si è stabilito definitivamente a conclusione della sua brillante carriera. Giocatore dalla forza impressionante, soprannominato “Hulk” dai ragazzi della curva sud, Sebino è stato per oltre dieci anni una delle bandiere più amate ed osannate della Roma. Ha iniziato a giocare ala sinistra nel Genoa per poi trasformarsi, crescendo, prima in mediano e successivamente in terzino e per chiudere la sua brillante carriera da libero. Nela ha fatto della potenza fisica, della forza e della serietà le sue armi migliori, grazie alle quali è diventato un perno fondamentale ed indiscusso della Roma, che in quegli anni aveva altri grandi campioni quali Falcao, Pruzzo, Conti, Cerezo, Tancredi e una dirigenza ed uno staff di primissimo piano. Con la maglia giallorossa Sebino ha vinto uno scudetto, quattro volte la Coppa Italia, ha giocato una finale di Coppa dei Campioni ed ha conquistato la Nazionale facendo poi parte della spedizione azzurra ai mondiali del 1986. Calciatore dal fisico possente e dal carattere fortissimo, Sebby non era solo un “tutto muscoli” senza cervello, come troppo frettolosamente taluni critici avevano sentenziato; il grande Liedholm lo capì subito e si mise al lavoro per completarlo. Così Nela diventò presto al fianco di Falcao, Conti e Di Bartolomei, tra i più grandi difensori del palcoscenico mondiale, usando indifferentemente il destro ed il sinistro, correndo, combattendo, sgomitando e segnando anche qualche goal pesante. L’amicizia che mi lega a lui risale a metà degli anni ‘90, allorquando “appesi gli scarpini al chiodo” si è inserito con naturalezza e disinvoltura nel mondo del calcio dilettantistico e semiprofessionistico, mettendo a disposizione di tanti giovani pronti per il lancio nelle categorie superiori, la sua esperienza e le sue conoscenze. A dispetto dei suoi caratteri somatici e dal suo aspetto da duro, è un ragazzo cordialissimo e simpatico, che ama profondamente la famiglia, il suo lavoro e i bambini in genere, come dimostra nella sua scuola calcio, a Roma, zona Quarto Miglio, dove “Sebby” è proprietario della omonima Polisportiva e dove, con grande competenza ed affetto, insegna ai bambini a stoppare un pallone, fare un cross, correre e divertirsi con animo spensierato e all’aria aperta. Per uno come me, abituato a sentire dalla “sud” alzarsi il coro “picchia Sebino”, una vera, sorprendente e piacevole sorpresa. Oggi Nela, oltre ad essere il proprietario della predetta polisportiva è anche consigliere federale e direttore tecnico della footvolley oltre ad essere commentatore tecnico per Sky ed opinionista sportivo per alcune emittenti televisive nazionali e locali.

Per quale squadra tifavi da bambino?

Per il Genoa, la squadra della mia città. Oggi il mio cuore è diviso esattamente a metà tra Genoa e Roma.

Chi era il tuo idolo?

Il mio idolo era Giuseppe Furino, il capitano della Juventus, per il suo modo di giocare, la sua grinta, la sua forza, la sua “cattiveria agonistica” e la sua lealtà.

In quale squadra hai iniziato a giocare?

Ho iniziato nel mio Genoa dove da giovanissimo giocavo attaccante, più precisamente ala sinistra, poi ho esordito nel 1977 sempre con il Genoa in serie “B” come mediano.

Chi ha creduto per primo in te?

Giorgio Perinetti, oggi dirigente del Siena, ha sempre creduto in me, mi ha incoraggiato e sostenuto ed è stato il primo ad intuire che sarei potuto diventare un calciatore professionista.

Chi ti ha lanciato nel calcio che conta?

Io, solo io. Devo tutto Ercole, come sai, alle mie qualità caratteriali, alla mia forza, al mio continuo impegno. Amo da sempre il calcio, giocavo ore ed ore da bambino ed ero felice e sereno perché mi divertivo. Negli allenamenti mi sono sempre impegnato a fondo e per fortuna le mie qualità sono emerse.

Genoa, Roma e Napoli, tre grandi società nelle quali hai giocato e nelle quali ti sei affermato. Quali emozioni provi pensando a loro?

Ricordi indimenticabili e sensazioni uniche, legate al periodo più bello della mia vita. Nel Genoa ho provato emozioni indescrivibili, esordire in serie B con la squadra per la quale tifavo e nella quale fin da bambino giocavo è stato per me un sogno che si realizzava. Poi c’è stata l’esaltante ed indimenticabile esperienza con la Roma, dove ho passato dodici anni stupendi in cui ho vinto tanto ed ho raggiunto la Nazionale. Ho giocato con campioni di primissimo piano e ho girato l’Europa, incontrando squadre tra le più famose e forti del Mondo. Uno scudetto, 4 coppe Italia, una finale di coppa campioni, questo il mio bagaglio nella Roma. Ero uno degli idoli dei tifosi e mi fa piacere che ancora oggi mi ricordino con affetto e simpatia, per loro sono sempre Hulk! A Roma mi sono trovato benissimo e ho deciso di rimanervi a conclusione della carriera. Anche Napoli ha rappresentato una tappa importante della mia vita, lì ho concluso la mia carriera professionistica ed ho conosciuto persone fantastiche che ancora oggi sento.

Nela e la Nazionale.

Un rapporto altalenante, grande gioia alla prima convocazione, poi qualche piccolo malumore. Ho fatto parte della spedizione azzurra ai Mondiali del 1986 che sono stati per la Nazionale italiana un fallimento e credo, senza alcuna polemica, che sia io sia qualche altro compagno potevamo essere maggiormente impiegati. Alla fine di quel triste Mondiale Vicini è subentrato a Bearzot ed io sono stato promosso titolare sino a quando, un anno dopo, mi sono gravemente infortunato perdendo così definitivamente la Nazionale.

La tua carriera è stata dunque segnata anche da un infortunio grave. Antonello Venditti ha scritto per te una canzone, “correndo – correndo” auspicando una pronta ripresa agonistica. Hai qualche ricordo in particolare?

Sì, il “crac” e la rottura del ginocchio, terribile anche oggi quando ci penso. Conservo però nel cuore anche la solidarietà dei tifosi che continuavano a seguirmi con incommensurabile affetto e ad incoraggiarmi. Ricordo le durissime sedute di fisioterapia, la fatica, la palestra, il sudore e la grande emozione quando Venditti mi chiamò per dirmi che stava scrivendo una canzone tutta per me e ancora oggi quando la sento mi vengono i brividi. Poi ricordo la gioia quando ritoccai la prima volta il pallone, è stato come rinascere una seconda volta!

Il nome di un compagno di squadra con cui hai maggiormente  legato,  di  un  campione  che  hai maggiormente amato, dei più “grandi” con cui hai giocato, dell’allenatore simbolo e di chi ti senti veramente amico.

Ho sempre avuto ottimi rapporti con tutti, ho grande stima e simpatia per Emidio Oddi con il quale formavo una coppia niente male nella difesa della Roma e che è un ragazzo eccezionale e veramente serio. Johan Cruiff è il più grande campione con cui ho giocato, l’ho incontrato in un torneo in Olanda ed è stata per me una grande emozione atteso che era l’idolo di tutta la mia generazione. Per quanto attiene i “grandi” del calcio con cui ho giocato posso farti ovviamente il nome di Maradona su tutti, poi di Platini e Van Basten. Circa i rapporti con gli ex giocatori posso dirti che sono contento tutte le volte che gioco con la Nazionale degli ex calciatori perché mi fa piacere rivedere ex compagni ed avversari con i quali ho sempre avuto un rapporto corretto dentro e fuori dal campo. Tra i calciatori in attività ho ottimi rapporti di amicizia con Roberto Baggio e Fabio Cannavaro. Gli allenatori che stimo maggiormente sono Carlo Mazzone ed Eugenio Fascetti, due uomini veri, seri, amanti del calcio, due persone eccezionali.

La più grande gioia e la più grande delusione della tua carriera.

Lo scudetto rappresenta il mio momento più alto da calciatore, poi ci sono le vittorie in coppa Italia, la convocazione in Nazionale, le vittorie importanti, un goal decisivo in un derby, i tifosi che ti osannano in curva e un bambino che ti chiede l’autografo. Le delusioni? Roma – Liverpool e Roma-Lecce, due partite disgraziate che non dimenticherò mai.

Perché quando hai “appeso gli scarpini al chiodo” hai deciso di rimanere, a differenza di molti tuoi colleghi, nel mondo del calcio.

Perché la mia vita è legata nel bene e nel male ad un pallone e perché credo di poter dare molto ai giovani. Sono il titolare della scuola calcio della polisportiva del Quarto Miglio, a Roma, e il rapporto quotidiano con i bambini mi entusiasma. Loro giocano, si divertono e cercano di imparare. Si impegnano e sono contenti di sudare correndo appresso ad un pallone, proprio come facevo io alla loro età. Stare con i bambini all’aria aperta ed insegnare loro a giocare a pallone è il lavoro più bello che si possa fare.

Hai frequentato Cassino per lavoro, come giudichi quelle zona dal punto di vista calcistico?

Cassino e tutta l’aria della provincia di Frosinone e Latina sono zone bellissime dal punto di vista climatico e paesaggistico, io mi ci sono affacciato grazie ad Antonio Fragasso, vero e proprio “talent scout”, che mi ha voluto a Cassino per una esperienza positivissima con quella società. Sono zone ricche di talenti, molti campioni che giocano in serie “A” sono frutti proprio di quella terra e bisognerebbe trovare degli imprenditori disposti ad investire maggiormente in quelle zone, che hanno offerto tanto al mondo dilettantistico e professionistico del calcio e che potrebbero offrire ancora di più.

Come ogni anno anche per quest’estate sto organizzando a Minturno una partita di calcio in ricordo di due giovani scomparsi prematuramente. Parteciperanno come al solito campioni di ieri e di oggi che hanno un legame con la zona, sarai presente all’appello?

Sai perfettamente quanto amo il calcio e che sono sempre disponibile per memorial e partite di beneficenza, trova un pallone e ti faccio vedere quello di cui sono ancora capace.

Pubblicato sul “Corriere del Sud Lazio” n. 14 del 2005

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